Sabato 27 Luglio 2024
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LAUDATO SI´, O MIO SIGNORE!

Il BLOG di "BENABE" è aperto a tutti, per aiutare reciprocamente a tendere a quel SOLO che da sempre ci aspetta per "perderci" in Lui.

L’incontro personale e profondo con Dio nella preghiera risignifica tutta la nostra esistenza. Riconoscere in Lui l’autore della grazia ci concede la possibilità di amare da figli, di perderci nel suo sguardo, fino a diventare preghiera vivente.

[...] ogni nostro gesto, ogni nostra parola, ogni nostro atteggiamento se impregnato d’amore, sarà come quello di Gesù. Saremo, come lui, portatori di gioia e di speranza, di concordia e di pace e cioè di quel mondo riconciliato con Dio (cf 2 Cor 5,19) che tutta la creazione attende. [...]    Chiara Lubich

 

“Che tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda”. (Cf Gv 17,21)

Prima della sua passione e morte, Gesù ha recitato una preghiera al Padre, conosciuta come il suo testamento. Questa preghiera è stata pienamente convalidata con la sua risurrezione. Da quel giorno, quindi, viviamo in un tempo di speranza, la speranza dell’unità.

E tutti sono chiamati a vivere nell’unità, perché Gesù ha pregato per tutti, ha chiesto che tutti diventassero uno in Lui, con il Padre.

Anche di fronte alla tragedia della guerra, alle catastrofi naturali, alle divisioni, viviamo ancora in un tempo di speranza, perché siamo in tanti a credere nell’unità e a dare la vita per realizzarla.

Il tempo della speranza è nel cuore di ogni persona che unisce il proprio dolore a quello del Crocifisso, affinché la redenzione del mondo diventi realtà.

Io credo! Vivo per l’unità. Vivo in un tempo di speranza.                                              Apolonio Carvalho Nascimento

 

[…] Cerchiamo di essere i primi ad amare ogni persona che incontriamo, alla quale telefoniamo, scriviamo, o con la quale viviamo. E sia il nostro un amore concreto, che sa capire, prevenire, che è paziente, fiducioso, perseverante, generoso. Ci accorgeremo che la nostra vita spirituale farà un balzo di qualità, senza contare la gioia che riempirà il nostro cuore.

 

Dobbiamo essere i primi ad amare come fa Dio; non aspettare che l’altro si faccia avanti e ti ami e faccia il primo passo; dobbiamo noi prendere l’iniziativa. Se poi altri vivono questo amore insieme a noi, ci sarà l’amore vicendevole. Esso è fondamento sicuro dell’unità del mondo; è capace di dar vita alla famiglia umana universale ,rendendo i rapporti fra persone, gruppi, popoli, tali da abbattere le divisioni e le barriere di ogni tipo, in ogni epoca. Ed è per questo amore, vissuto da persone delle più varie religioni, anche attraverso il nostro Movimento, che oggi uomini e donne di quasi tutte le nazioni del mondo stanno decisamente tentando di essere, almeno là dove si trovano, germi di un popolo nuovo, costruttori nel mondo di una sola famiglia. [...]  Chiara Lubich 

 

L’amore di Dio non può riempire un cuore che è già pieno di altre cose. Perciò, per poter essere riempiti, dobbiamo prima svuotarci.

Svuotarci di tutto ciò che non è amore: odio, risentimento, sentimenti di vendetta, invidia; svuotarci dei giudizi, dei pregiudizi.

Possiamo anche svuotarci di ciò che ci sembra buono, o almeno non ci sembra cattivo, ma che potrebbe prendere il posto di Dio nel nostro cuore.

Completamente svuotati di noi stessi, cominciamo a coltivare il desiderio di amare: amare Dio e amare il prossimo. Dopo il desiderio viene l’azione, i gesti concreti.

Quando meno ce lo aspettiamo, il nostro cuore si troverà riempito dell’amore di Dio.

Apolonio Carvalho Nascimento

 

VUOI ASCOLTARE LA VOCE DI DIO?

      Vuoi imparare ad amare? Ad amare Dio, ad amare i fratelli per Lui? Non attendere un istante, non pensare troppo, non fermarti a desiderare di amare, ma ama subito nel momento presente. Ed amare significa fare subito, ora, adesso, in questo minuto, la volontà di Dio, non la tua.

        La vita non è fatta che di attimi presenti e valgono quelli per chi vuol operare qualcosa.

       E’ il presente che conta, il momento che fugge, che per me, per te, per noi, deve essere colto al volo e vissuto bene, fino in fondo, facendo in quello ciò che Dio vuole da noi: studiare, camminare, dormire, mangiare, soffrire, godere, giocare …

     Impara ad ascoltare nel profondo della tua anima la voce di Dio, la voce della coscienza: essa ti dirà ciò che Dio vuole da te in ogni momento.

       Te la prendi col tuo prossimo? “Attenzione - ti dice la coscienza -, devi amare tutti, persino i nemici …”.

       Hai voglia di saltare nell’ora dello studio? “Attenzione - ti dice la coscienza -, giocherai con più gioia dopo, se ora farai perfettamente il tuo dovere”. E così via …

        Viviamo bene ciò che Dio vuole nel momento presente; e come un punto accanto a un punto fa la retta, così momento accanto a momento fa la vita.

                                                                                                                                                                                          * * *

[…] l’amore questo fa: quando è disinteressato chiama amore, la gente corrisponde. Allora nasce questo amore reciproco, per cui si creano degli spazi di fraternità nel mondo che sono una cosa meravigliosa oggi, con le tante divisioni, con i tanti pericoli che ci sono. C.L. 

 

[…] ogni giornata nostra deve essere come una resurrezione: sempre su, sempre pronta ad amare chiunque incontriamo senza guardare se ci piace o meno. Amare, amare, amare . Non stancarci mai di amare. Non smettere mai la nostra rivoluzione.  C.L. 

 

Chi vuole avere l’ultima parola, quella che prevarrà su tutte le altre, deve parlare il linguaggio dell’amore.

In apparenza questo contrasta con la mentalità umana, ma in realtà non è così.

Guardiamo le Beatitudini dal punto di vista dell’amore:

Felice chi si fa povero per amore, perché di lui è il regno dei cieli; felice chi piange per amore, perché l’amore stesso lo consola; felice chi è mite e umile per amore, perché erediterà la terra. E potremmo dare la stessa interpretazione a tutte le altre (cf Mt 5,3-12).

Quando la nostra ultima parola è l’amore, le nostre azioni mostrano la mitezza e da esse siamo riconosciuti.

Apolonio Carvalho Nascimento

 

È innegabile che il mondo abbia bisogno di tenerezza, di bontà e di mitezza, perché sono le persone miti che rendono la terra e il mondo più abitabile.

La violenza infatti non si arrende alla violenza, anzi diventa fonte di continue guerre; invece si arrende alla mitezza che si concretizza nella non-violenza e nella mansuetudine, le uniche virtù dell’uomo, le quali proprio perché semplici e piccole, sono capaci di superare i conflitti più difficili.

Noi uomini non siamo naturalmente miti ma la mitezza non è affatto codardia, anzi comporta una lotta costante contro noi stessi, un continuo dominio di noi e un grandissimo coraggio.

Infatti se la viviamo e quasi ci abituiamo ad essa, diventiamo non solo “padroni” di noi stessi, ma beneficiamo e avvolgiamo come per osmosi non solo gli altri intorno a noi ma anche tutto l’ambiente.

Prima di tutto la mitezza è un profondo silenzio interiore che trasforma tutto: gli interessi, i desideri e i giudizi, educando il cuore alla clemenza e all’umiltà, assimilando le Parole e lo stile di Gesù che è quello dell’amore e del cielo, che sradica dai cuori il veleno della rabbia e della violenza e fa fiorire al loro posto la pace e la fraternità.

Per questo “essere miti” è anche saper sorridere nelle difficoltà e trovare serenità anche nei momenti di dolore, perché è l’espressione più interiore e più delicata dell’amore, diventando una continua risposta d’amore al voler esplodere dell’io e aiutandoci invece a saper perdere proprio per amore.

“Essere miti” è saper rispettare e gioire con l’altro come lui è; non solo ma, come cristiani, essere pronti a dare la vita per lui.

Per questo, secondo i maestri dello Spirito, la mitezza, con la sua presenza umile e dolce, è quella che tra i quattro elementi che formano l’universo, sceglie di vestirsi con la semplicità dell’acqua:

– come l’acqua se incontra un ostacolo, si ferma; ma se l’ostacolo si rompe, corre via serena.

– come l’acqua diventa rotonda o quadrata secondo il recipiente in cui viene messa e sa smussare tutto quello che è affilato e che può ferire.

Ancora, l’essere miti applicato ai rapporti e alle relazioni tra noi uomini, è un continuo invito a non pretendere niente dagli altri, anzi ad essere sempre pronto a fare loro casa, ad accoglierli, a sentirli fratelli, vero toccasana per far vivere tutti in un mondo di serenità e di pace.

Sentite Papa Francesco: “Essere poveri di cuore, reagire con umile mitezza, saper piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame e sete d’amore, guardare e agire con misericordia; ecco questa si, è santità.”

E San Paolo scriveva a Tito: “Ti ricordo di non parlare male di nessuno, di evitare liti, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini”.

Attenzione però, essere miti non vuol dire essere deboli e senza nerbo, ma scoprire, trovare e inventare forze insperate “altrove”, nella presenza di un amore che non viene da noi ma che ci è donato; come diceva ancora San Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte”.

Chiaramente non di una forza nostra, ma della forza della comunione che fiorisce naturalmente come fiore di campo intorno alle persone miti e che praticamente le rende invincibili.

Cosa ve ne pare allora concludere il passaparola di oggi, affermando con fermezza che questo passaparola di oggi, “essere miti”, è veramente l’azione più intelligente della vita?      

Don Nino Carta

 
IL BENE NON FA RUMORE
 
 Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra." (Mt 6,3). Gesù molte volte ha parlato di questo silenzio del bene. Lui stesso, quando faceva un miracolo, alle volte ordinava che non lo si dicesse a nessuno. Il bene si propaga nel silenzio, senza fare rumore. Al momento opportuno verrà alla luce, non come vanagloria ma come esempio per gli altri, come una luce che può aiutare le persone ad essere migliori. Allora, oggi, agire senza fare rumore, minando con il bene le strutture della società che sono contaminate dal male.  Apolonio Carvalho

 

“L’amore tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. (1 Cor 13, 7)

Quando non capiamo cosa significa amare, questa frase di Paolo sembra assurda. Le domande che sorgono sono: Come posso perdonare qualcuno che mi offende deliberatamente? Come posso credere a qualcuno che mi ha ingannato? Come posso sperare in qualcuno che non mi ama? Come posso sopportare l’ingiustizia?

L’amore di cui parla l’apostolo è l’amore redentore di Gesù, che possiamo vivere. Non siamo degni del Suo amore, ma Lui ci ama lo stesso.

Le risposte a queste domande si trovano solo quando amiamo al di là delle offese e delle ingiustizie; quando il nostro amore copre una moltitudine di peccati, nostri e altrui.

Quando amiamo gli altri senza condannarli per i loro difetti, vediamo i nostri difetti sostituiti dalle virtù.

Guardiamo gli altri attraverso la lente dell’amore, che diminuisce i difetti e ingrandisce le virtù.

Solo l’amore può realizzare questo fenomeno.

Apolonio Carvalho Nascimento

 

In casa, all’università, al lavoro, nei campi sportivi, in vacanza, in chiesa, per strada, dobbiamo cogliere le varie occasioni per amare gli altri come noi stessi, vedendo Gesù in loro, non trascurando nessuno, anzi amando tutti per primi. C.L. 

 

La Bibbia, con il suo racconto della creazione, ci insegna che solo nell’armonia con il piano di Dio la natura e l’uomo trovano l’ordine e la pace. Se l’uomo non é in pace con Dio, la terra stessa non é in pace. […] Se si scopre che tutto il creato é dono di un Padre che ci vuol bene, sarà molto più facile trovare un rapporto armonioso con la natura.[...]   (Lettera di Chiara Lubich a Nikkyo Niwano – 1990, in POLI, R. e CONTE, A., Vita, salute, ambiente tra speranza e responsabilità, Cittá Nuova, Roma, 2021, pp. 32-34)

 

Ringraziare, rallegrarsi e vivere l’interiorità sono tre atteggiamenti che ci portano a vivere pienamente la nostra vita quotidiana e che sono intimamente legati tra loro. Qualsiasi cosa facciamo, possiamo sempre provare gratitudine per chi ci sostiene e per chi cammina con noi. La gratitudine, infatti, è un sentimento che nasce liberamente e sinceramente dal cuore e ci rende consapevoli di non essere autosufficienti.  www.focolare.org 

 

[…] Bisogna vedere Gesù in tutti, perché l’ha detto: al giudizio finale l’esame sarà questo: l’avete fatto a me, quello che di bene facciamo e quello che di male purtroppo facciamo. Quindi terza cosa: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù nel prossimo. Ma un amore che non deve essere un amore platonico, sentimentale; un amore concreto e per essere concreto occorre, come dice Paolo, farsi tutto a tutti, farsi uno con quello che soffre, farsi uno con quello che gode, e condividere gioie, dolori, necessità. Condividere.

Allora: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù, e poi amare concretamente. Questo è quello che possiamo fare noi, mettere nel nostro cuore l’amore vero. La chiamata è la sua parte, questa è la nostra, la chiamata è la sua parte, è compito suo.

www.focolare.org - Chiara Lubich ai giovani: puntate in alto!

 

Credere, infatti, è sentirsi guardati e amati da Dio, è sapere che ogni nostra preghiera, ogni parola, ogni mossa, ogni avvenimento triste o gioioso o indifferente, ogni malattia, tutto, tutto, tutto, dalle cose che noi diciamo importanti alle minime azioni o pensieri o sentimenti, tutto è guardato da Dio. E se Dio è Amore, la fiducia completa in lui non ne è che la logica conseguenza. Possiamo avere allora quella confidenza che porta a parlare spesso con lui, a esporgli le nostre cose, i nostri propositi, i nostri progetti. Ognuno di noi può abbandonarsi al suo amore, sicuro di essere compreso, confortato, aiutato. [...]

(Fonte: Confidare in Dio - 20 settembre 2004 - Chiara Lubich - Città Nuova)

 

[…] amare per primi, prendendo sempre l’iniziativa, senza aspettare che l’altro faccia il primo passo. Questo modo di amare ci espone in prima persona, ma, se vogliamo amare a immagine di Dio, e sviluppare questa capacità di amore che Dio ha messo nei nostri cuori, dobbiamo fare come Lui, che non ha aspettato di essere amato da noi, ma ci ha dimostrato da sempre e in mille modi che Egli ci ama per primo, qualunque sia la nostra risposta. Siamo stati creati in dono gli uni per gli altri e realizziamo questo nostro essere impegnandoci per i nostri fratelli e sorelle con quell’amore che viene prima di ogni gesto di amore dell’altro.

(Fonte: L’Arte di Amare - Chiara Lubich - Ed. Città Nuova)

 

 

[…] se sei cristiano non ti può bastare l’essere stato battezzato o qualche sporadica pratica di culto e di carità. Ti occorrerà crescere come cristiano. E ogni crescita, in campo spirituale, non può avvenire se non in mezzo alle prove, ai dolori, agli ostacoli, alle battaglie.

C’è chi sa perseverare per davvero: è colui che ama. L’amore, infatti, non vede ostacoli, non vede difficoltà, non vede sacrifici. E la perseveranza è l’amore provato.

La Madonna è il tipo della persona perseverante. Sceglie Dio da piccola, come suo unico tutto, e vi rimane fedele tutta la vita.

(Fonte: www.centrochiartalubich.org - Rocca di Papa, 26 gennaio 1979 - Parola di Vita “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19) - Chiara Lubich)

 

       Alziamo il termometro della nostra reciproca carità. Che anche un semplice nostro sorriso, o un gesto, o un atto d’amore, o una parola, o un consiglio, o un apprezzamento, o una correzione a suo tempo, rivolti ai fratelli, rivelino la nostra prontezza a morire per loro. Che si veda il nostro amore, non certo per vanità, ma per garantirci l’arma potente della testimonianza. Spesso anche noi, come i primi cristiani, siamo in un mondo senza Dio, scristianizzato. Dobbiamo, dunque, testimoniare Gesù e lo possiamo fare nel migliore dei modi con il nostro reciproco amore.

 

(Fonte: Chiara Lubich - La testimonianza da dare)

 

 

Il 7 dicembre 1943 a Trento (Italia) Chiara Lubich pronunciava il suo si a Dio. Un sì che, nel tempo, si moltiplica generando una numerosa famiglia, quella del Movimento dei Focolari,  formata da persone di diversi continenti, età, culture, vocazioni.

Non fu un voto, fu un “volo”. Un volo ardito come quello di Charles Lindbergh quando, per la prima volta, sorvolò l’Atlantico senza scalo. “Hai trovato la tua vocazione?”, le aveva chiesto il sacerdote vedendola tornare radiosa dal santuario di Loreto che custodisce la casa di Nazareth. “Sì”, le rispose con semplicità. “Ti sposi?”. “No”. “Vai in convento?”. “No”. “Rimani vergine nel mondo?”. “No”. Il sacerdote smarrito non aveva altre alternative da proporre. Allora? Era una quarta strada, quella che Chiara Lubich intravedeva davanti a sé. Quale? Non lo sapeva bene neppure lei, era una via nuova, che bisognava percorrere, con audacia e con coraggio.

Passano pochi anni. Sente dentro di sé una voce che le chiede: “Datti tutta a me”. Come? Dove? Non ha importanza, bisogna solo rispondere a quella voce. Il solo pensiero di darsi tutta a Dio la riempie di gioia. “Se vai per questa via non avrai una tua famiglia, insinua il sacerdote, non avrai dei figli, resterai sola nella vita…”. Sola? Finché ci sarà un tabernacolo sulla terra – si dice tra sé Chiara – non sarò mai sola. Gesù non ha promesso cento madri, cento fratelli e sorelle, cento figli a chi tutto abbandona per seguirlo? Ma in quel momento Chiara non pensa né a quello che avrebbe lasciato né a quello che avrebbe ricevuto in cambio. Sa soltanto che vuole sposare Dio. Nientemeno!

Il sacerdote si rende conto che, benché quella ragazza abbia soltanto 23 anni, avrebbe potuto spiccare un volo così ardito: è davvero decisa, sa quello che vuole. Le dà appuntamento nella cappella del collegetto. Però, le raccomanda, “passerai la notte in preghiera”, quasi una veglia d’armi, così come allora si usava. Nella sua stanzetta Chiara prende il crocifisso di famiglia, lo bacia e inizia a parlargli. Poco dopo il suo respiro si condensa sull’immagine di Gesù e lei si addormenta…

Al mattino presto veste l’abito più bello. I poveri – anche Chiara lo era – hanno sempre un vestito per la festa. Fuori la bufera, quasi qualcuno voglia trattenerla da un passo così temerario. Ella va incontro al vento e alla pioggia, decisa. Nella chiesetta è di nuovo avvolta dal silenzio. La messa, la comunione, il suo sì intero, totale, per sempre. Una lacrima, perché consapevole che un ponte crolla alle sue spalle, non sarebbe più potuta tornare indietro. Ma davanti c’è tutta la vita. Ha sposato Dio e può attendersi tutto da lui. Era il 7 dicembre 1943.

Sono passati 80 anni. Chiara Lubich non è rimasta sola. Lo Sposo l’ha fatta viaggiare con sé, spalancandole il Paradiso e rendendola partecipe delle sue bellezze, come lei stessa esclamerà più tardi: «Sposo mio dolcissimo, troppo bello è il Cielo e Tu come un divino Amante, dopo Mistiche Nozze …, mi mostri i tuoi possessi che sono miei! (…) Mio Dio, ma perché? Perché a me tanto? Perché tanta Luce e tanto Amore?». Chiara non è rimasta sola. Attorno a lei è nata una famiglia numerosa, fatta di uomini e donne di tutti i continenti, di tutte le vocazioni, di molte culture e religioni. Un sì fecondo il suo, perché Dio non si lascia mai vincere in generosità.

Dopo 80 anni quel “sì” si è moltiplicato e risuona ancora oggi, in mille modi. Infuriano le tempeste, il futuro appare incerto, il “volo” può somigliare a un salto nel buio, la paura paralizza… Eppure quella voce continua a farsi sentire in tanti, ora appena tenue ora forte: “Datti tutta a me, datti tutto a me…”. Come? Ognuno lo scopre lentamente, ma ogni chiamata richiede subito un sì generoso. Può essere un sì titubante e timido o deciso, un sì piccolo piccolo o grande grande… Basta che sia un sì, sincero, autentico…  Così Dio continua a farsi presente nel mondo e a costruire la sua storia che sboccerà nel Regno dei cieli.

Padre Fabio Ciardi, OMI

 
 
RICORDANDO padre UMBERTO
 
 
SIGNORE, ho capito: sto arrivando ! E' il mio povero corpo che, avanzando negli anni e stanco di fatiche, incomincia a dar segni che presto non ne potrà più. Sento che i sensi si indeboliscono e si rallentano i riflessi. Si altera il ritmo del sonno e del lavoro. E' tutto il mio fisico che mi dice che il cammino sta arrivando al suo traguardo e che stiamo per entrare nella retta finale.
Però l'anima non si sta accasciando. Anzi, rimonta al cielo con più vigore e forza, e arriva più spedita a Te! E' incominciato lo sdoppiamento. Fino ad ora corpo e anima tiravano, più o meno alla pari. D'ora in poi non più. Ognuno seguirà per conto suo, verso il suo ultimo destino. Il corpo verso terra e l'anima verso Dio. Il corpo sempre più pesante e l'anima sempre più leggera. Il corpo con le gambe sempre più deboli e l'anima con le ali sempre più forti, più capaci di meditazione, di preghiera, di dono, di distacco, di abbandono, di amore e di pace. E' incominciata l'ultima tappa della vita.

“SIGNORE, ho capito, sei Tu che mi chiami. Va benissimo. Ti rispondo di sì: che accetto, ci sto! Mentre il corpo tira verso il basso, l'anima continui, o Signore, la sua salita verso Te … e quando il corpo toccherà il fondo e rimarrà inerte dove la morte lo coglie, l'anima raggiunga tra le Tue Braccia la cima del suo destino con Te, come luce nella Luce! ECCOMI a TE : sono a Tua Disposizione!”.

 

[…] Dio ci ama in tutti i momenti, anche in quelli più difficili, «ha effuso abbondantemente nei nostri cuori il suo Spirito come artefice, come garante, proprio perché possa alimentare dentro di noi la fede e mantenere viva questa speranza e questa sicurezza: “Dio mi ama”, anche se è un momento difficile, anche se ho fatto qualcosa di cattivo, ripetiamolo come preghiera, “sono sicuro che Dio mi ama”. (Papa Francesco)



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, 26 Giugno 2024


Catechesi in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi si celebra la Giornata Mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1987. Il tema di quest’anno è Le prove sono chiare: bisogna investire nella prevenzione.

San Giovanni Paolo II ha affermato che «l’abuso di droga impoverisce ogni comunità in cui è presente. Diminuisce la forza umana e la fibra morale. Mina i valori stimati. Distrugge la voglia di vivere e di contribuire a una società migliore». [1] Questo fa l’abuso di droga e l’uso di droga. Ricordiamo però, al tempo stesso, che ogni tossicodipendente «porta con sé una storia personale diversa, che deve essere ascoltata, compresa, amata e, per quanto possibile, guarita e purificata. [...] Continuano ad avere, più che mai, una dignità, in quanto persone che sono figli di Dio». [2] Tutti hanno una dignità.

Non possiamo tuttavia ignorare le intenzioni e le azioni malvagie degli spacciatori e dei trafficanti di droga. Sono degli assassini! Papa Benedetto XVI usò parole severe durante una visita a una comunità terapeutica: «Dico ai trafficanti di droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo». [3] E la droga calpesta la dignità umana.

Una riduzione della dipendenza dalle droghe non si ottiene liberalizzandone il consumo – questa è una fantasia –, come è stato proposto, o già attuato, in alcuni Paesi. Si liberalizza e si consuma di più. Avendo conosciuto tante storie tragiche di tossicodipendenti e delle loro famiglie, sono convinto che è moralmente doveroso porre fine alla produzione e al traffico di queste sostanze pericolose. Quanti trafficanti di morte ci sono – perché i trafficanti di droga sono trafficanti di morte –, spinti dalla logica del potere e del denaro ad ogni costo! E questa piaga, che produce violenza e semina sofferenza e morte, esige dalla società nel suo complesso un atto di coraggio.

La produzione e il traffico di droga hanno un impatto distruttivo anche sulla nostra casa comune. Ad esempio, questo è diventato sempre più evidente nel bacino amazzonico.

Un’altra via prioritaria per contrastare l’abuso e il traffico di droghe è quella della prevenzione, che si fa promuovendo maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita personale e comunitaria, accompagnando chi è in difficoltà e dando speranza nel futuro.

Nei miei viaggi in diverse diocesi e vari Paesi, ho potuto visitare diverse comunità di recupero ispirate dal Vangelo. Esse sono una testimonianza forte e piena di speranza dell’impegno di preti, consacrati e laici di mettere in pratica la parabola del Buon Samaritano. Così pure sono confortato dagli sforzi intrapresi da varie Conferenze episcopali per promuovere legislazioni e politiche giuste riguardo al trattamento delle persone dipendenti dall’uso di droghe e alla prevenzione per fermare questo flagello.

A titolo di esempio, segnalo la rete de La Pastoral Latinoamericana de Acompañamiento y Prevençión de Adicciones (PLAPA). Lo statuto di questa rete riconosce che «la dipendenza da alcol, da sostanze psicoattive e altre forme di dipendenza (pornografia, nuove tecnologie ecc.) … è un problema che ci colpisce indistintamente, al di là delle differenze geografiche, sociali, culturali, religiose e di età. Nonostante le differenze, ... vogliamo organizzarci come una comunità: condividere le esperienze, l’entusiasmo, le difficoltà». [4]

Menziono inoltre i Vescovi dell’Africa Australe, che nel novembre 2023 hanno convocato una riunione sul tema “ Dare potere ai giovani come agenti di pace e speranza”. I rappresentanti dei giovani presenti all’incontro hanno riconosciuto quell’assemblea come una «pietra miliare significativa orientata verso una gioventù sana e attiva in tutta la regione». Hanno inoltre promesso: «Accettiamo il ruolo di ambasciatori e sostenitori della lotta contro l’uso di sostanze stupefacenti. Chiediamo a tutti i giovani di essere sempre empatici gli uni con gli altri». [5]

Cari fratelli e sorelle, di fronte alla tragica situazione della tossicodipendenza di milioni di persone in tutto il mondo, di fronte allo scandalo della produzione e del traffico illecito di tali droghe, «non possiamo essere indifferenti. Il Signore Gesù si è fermato, si è fatto vicino, ha curato le piaghe. Sullo stile della sua prossimità, siamo chiamati anche noi ad agire, a fermarci davanti alle situazioni di fragilità e di dolore, a saper ascoltare il grido della solitudine e dell’angoscia, a chinarci per sollevare e riportare a nuova vita coloro che cadono nella schiavitù della droga». [6] E preghiamo per quei criminali che danno la droga ai giovani: sono criminali, sono assassini! Preghiamo per la loro conversione.

In questa Giornata Mondiale contro la droga, come cristiani e comunità ecclesiali rinnoviamo il nostro impegno di preghiera e di lavoro contro la droga. Grazie!

Papa Francesco