Domenica 14 Dicembre 2025


Buon Natale!
Amore al fratello!ContattiLa Parola di DioBlog
A tu per tu


Tutta una vita per la vita degli altri

Ogni sospensione è sostenuta e assicurata al "chiodo" che Gesù, abbandonato e risorto, ha fissato in cielo per me e per te

Dicembre 2, 2015

 
 
 

“Tutta una vita per la vita, per la vita degli altri”. È la definizione dei missionari e delle missionarie, nell’omaggio che il Papa ha tributato loro al termine della catechesi dell’udienza generale di oggi pronunciato interamente a braccio. I missionari e le missionarie, ha esordito Francesco, sonno “uomini e donne che hanno lasciato tutto: la patria, da giovani e sono andati là, in uyna vita di tanto, tanto lavoro”. “A Bangui – ha raccontato ai fedeli – ho trovato una suora. Era italiana, si vedeva che era anziana. ‘Quanti anni hai?’, ’81’. ‘Non tanto, due più di me’. Era con una bambina, e la bambina in italiano gli diceva nonna. 81 anni, era là da quando aveva 23-24 anni: tutta la vita, e come lei tante e tanti missionari. ‘Ma io non sooi di qua, sono del Paese viccino, il Congo: sono venuta in canoa con questa bambina’”. “Così sono i missionari, coraggiosi”, ha commentato il Papa: “Cosa fa, suora? Sono infermiera, ho studiato un po’ e sono diventa ostetrica, ho fatto nascere più di 3.200 bambini”. “È bello vedere questo!”, ha esclamato Francesco: “Come questa suora, tanti preti, religiosi, religiose, che bruciano la vita per annunciare Cristo”.

FONTE – SIR

 

 

 

Due viti a espansione abbastanza robuste, inserite con il trapano nella roccia, sono capaci di reggere più di una tonnellata.

Abbiamo costruito –racconta Hermes - un'autostrada di corda lungo tutta la parete rocciosa.

Alla fine del giorno, stremati, abbiamo montato le tende pensili "Portaledge", che sarebbero state la nostra casa fino alla fine dell'impresa. Per quanta paura possa fare la sola idea di dormire in parete, io ero felicissimo di arrampicare.

Chiusa la cerniera, la mia fantasia mi conduceva nel mio letto e a casa mia.Non pensi più di essere attaccato a una corda, non vedi più il chiodo e l’abisso che si spalanca sotto di te, a milleduecento metri a strapiombo sul mare.

 

Ho confidato a Hermes che tutta la mia vita,come la sua, è comunque quasi un dormire in parete. E’ attaccata ad un chiodo, sospesa ad un filo…Ma ho fugato ogni paura e ho assicurato la mia vita appena ho capito che proprio in quel vuoto, in quello strapiombo sta la mia salvezza.

 

Ho capito la frase di Rahner: “La fede è un invito alla follia: trovare il proprio fondamento fuori di sé. La propria sicurezza nell’affidarsi all’ineffabile affidabile”.

Quella precarietà contiene tutta la mia sicurezza perché genera in me una fiducia tale che riempie ogni abisso, tanto da renderlo più saldo della roccia.

 

Ogni sospensione è sostenuta e assicurata al “chiodo” che Gesù, abbandonato e risorto, ha fissato in cielo per me e per te. Ci invita alla fiducia e ci ripete: “la tua fede è il chiodo che ti salva”.

 

p. Andrea



 

Versione senza grafica
Versione PDF


<<<  Torna alla pagina precedente

Home - Cerca  
Messaggio Cristiano
UDIENZA GIUBILARE, Piazza San Pietro, 6 Dicembre 2025

CATECHESI DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Catechesi. 10. Sperare è partecipare – Alberto Marvelli

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Siamo da poco entrati nel periodo liturgico dell’Avvento, che ci educa all’attenzione ai segni dei tempi. Noi infatti ricordiamo la prima venuta di Gesù, il Dio con noi, per imparare a riconoscerlo ogni volta che viene e per prepararci a quando tornerà. Allora saremo per sempre insieme. Insieme con Lui, con tutti i nostri fratelli sorelle, con ogni altra creatura, in questo mondo finalmente redento: la nuova creazione.

Questa attesa non è passiva. Infatti, il Natale di Gesù ci rivela un Dio coinvolgente: Maria, Giuseppe, i pastori, Simeone, Anna, e più avanti Giovanni Battista, i discepoli e tutti coloro che incontrano il Signore sono coinvolti, sono chiamati a partecipare. È un onore grande, e che vertigine! Dio ci coinvolge nella sua storia, nei suoi sogni. Sperare, allora, è partecipare. Il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita: “pellegrini di speranza” vuol dire gente che cammina e che attende, non però con le mani in mano, ma partecipando.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi: ci dice che nessuno riesce a farlo da solo, ma insieme, nella Chiesa e con tanti fratelli e sorelle, si leggono i segni dei tempi. Sono segni di Dio, di Dio che viene col suo Regno, attraverso le circostanze storiche. Dio non è fuori dal mondo, fuori da questa vita: abbiamo imparato nella prima venuta di Gesù, Dio-con-noi, a cercarlo fra le realtà della vita. Cercarlo con intelligenza, cuore e maniche rimboccate! E il Concilio ha detto che questa missione è in modo particolare dei fedeli laici, uomini e donne, perché il Dio che si è incarnato ci viene incontro nelle situazioni di ogni giorno. Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui. Ecco perché sperare è partecipare!

Oggi vorrei ricordare un nome: quello di Alberto Marvelli, giovane italiano vissuto nella prima metà del secolo scorso. Educato in famiglia secondo il Vangelo, formatosi nell’Azione Cattolica, si laurea in ingegneria e si affaccia alla vita sociale al tempo della seconda guerra mondiale, che lui condanna fermamente. A Rimini e dintorni si impegna con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Così entra nella vita politica attiva, ma proprio mentre si reca in bicicletta a un comizio viene investito da un camion militare. Aveva 28 anni. Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare.

Chiediamoci: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male? Il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi.

Sperare è partecipare: questo è un dono che Dio ci fa. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre, quando Gesù definitivamente tornerà.