Giovedì 19 Settembre 2024
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Padre Cipriano Vigo: 61 anni di missione in Centrafrica!

A 50 anni dalla fondazione di Ngaoundaye - Rep. Centrafricana

 

Sabato e domenica 6 giugno sono andato a Bocaranga per un'occasione speciale. P.Cipriano Vigo, cappuccino, festeggiava 61 anni di missione in Centrafrica! È arrivato qui nel 1960, quando il Centrafrica nasceva, con l'indipendenza appena conquistata. Ha lavorato molto, e continua ancora a lavorare!

 

Il viaggio (210 km da Baoro) è andato bene. Ma la tensione resta alta. In un punto era anche segnalata una mina… Ma la gioia di stare vicino a un confratello fa dimenticare molte cose!

 

In questo fine settimana mi sono dedicato ai villaggi più lontani. Sono partito giovedì mattina, e sono rientrato domenica pomeriggio. Mi sono dedicato soprattutto alla preparazione dei battesimi nei villaggi di Yoro, Bayanga Didi e Sinaforo. Ma c'è stato il tempo anche per riparare una pompa, visitare e consigliare qualche malato, e il tutto su strade piuttosto impercorribili…

 

Domenica mattina sono partito verso le 6.30 da Yoro per Sinaforo (una buona mezz'ora, per 7 km). Qui la chiesetta è una tettoia coperta da alcune lamiere (ricavate da bidoni di benzina). Proprio mentre sto per iniziare la Messa, è iniziata la pioggia. Per fortuna, nella cappella, pioveva poco!

 

Ma è stata una liturgia molto molto bella. Abbiamo celebrato 9 battesimi, 2 prime comunioni e un matrimonio. Nonostante la pioggia, c'era molta festa in quella capanna!

 

Sono poi ripartito verso le 13, e temevo di non riuscire ad arrivare, proprio a causa delle condizioni della strada.

 

Alle 15 sono finalmente arrivato a Baoro.

Dove il silenzio stampa continua, e continuerà ancora per qualche giorno (o qualche settimana!)

 Aurelio Gazzera

 

L’Ex riassume la storia di Ngaoundaye … seguendo i suoi ricordi  

 

Nel 1961 il superiore della missione P. Ernesto Rebagliati ed io, l’Ex, con una vettura Renault 1400 guidata da p. Giusto Burla, abbiamo lasciato Bocaranga per fare una visita al nord, verso Ngaoundaye e Mann,  vedere il paesaggio e conoscere la gente, in modo da farci un’idea generale. P. Ernesto, lasciando Kunang per discendere verso la piana del corso d’acqua LIM, passando a zig-zag attraverso i Monti Bakore, la cui cima più alta è il Monte Panà,  era sempre più affascinato dai villaggi lungo la strada, che gli ricordavano Fiambiro in Etiopia, dove i villaggi erano immersi tra le piantagioni di mais e di miglio, cosa che, al contrario, non si osservava a Bocaranga e dintorni. Perciò Ernesto perciò giudicò questa popolazione molto lavoratrice e portata ai lavori agricoli. Avendo fatto sosta a Ngaoundaye, il superiore manifestò il suo pensiero a p.Giusto che sedeva al volante, accanto a lui, mentre io stavo dietro e ascoltavo le loro parole. Una frase in particolare irritò p. Giusto: “Tu dovresti venire ad abitare qui e mettere su una nuova Missione …”. La risposta non tardò a venire: “Io non so bene il sango e non me la sento …”. Silenzio … Proseguimmo il cammino per qualche decina di km fino a Mann. Anche questo grosso centro urbano era immerso tra le piantagioni di mais e di miglio. In una sosta prolungata, dissi a p. Ernesto di aver ascoltato la proposta che aveva fatto a p. Giusto; e mi offrii di andare a Ngaoundaye  con un compagno, per organizzare una nuova Missione. P. Ernesto mi ringraziò. Con p. Cipriano iniziai i preparativi per andare a Ngaoundaye.

 

Ma il mio rientro in Italia per le vacanze era prossimo; ed ero impegnato nella realizzazione di un grande sogno: preparare una “band” formata da 4 danzatori (i catechisti sposati GANGBORO, KOANE, GASTON e WIKANGUELE) e da un ragazzo di dieci anni, SARA Giuseppe …  Trascorsi un mese occupato a radunare il necessario per le varie danze locali dei Panà … I quattro adulti sarebbero venuti con l’aereo da Bangui a Nizza, mentre io sarei partito dal porto di Douala, nel Cameroun, con un grosso camion carico di casse per le danze dei 4 danzatori/catechisti, e avrei portato con me il ragazzo.  Saremmo sbarcati a Marsiglia e quindici giorni dopo da Genova sarei andato a ricevere la “Banda” all’aeroporto di Nizza. Pensato, detto e fatto … 

 

Nei sedici giorni di viaggio in mare ebbi del tempo a mia disposizione per preparare il piano per la fondazione della nuova Missione. Perciò, terminato il periodo delle vacanze in patria, dopo qualche giorno trascorso a Bocaranga, p. Carlos RAFFO mi condusse, con il grosso camion Ford canadese, a Ngaoundaye, portando con me gli indumenti personali e le tavole, il cemento e gli utensili necessari per le costruzioni. Dopo 4-5 ore di viaggio sui monti Panà, eccoci alla meta. Scaricato tutto nella Casetta/ex-bottega CATTIN, lo stesso giorno Carlos ripartì per Bocaranga. Cipriano sarebbe arrivato qualche giorno dopo, con la Renault 1400 assegnata alla nostra missione.

 

Che fare? Subito, venuto a conoscenza che nel centro del villaggio c’era in vendita una vecchia bottega  di CATTIN, commercianti portoghesi che da poco avevano chiuso i battenti, l’abbiamo comprata per 10.000 cfa = 30.000 lire di allora (= 15 euro attuali!). Ed è stato proprio qui il nostro “inizio”. La casetta di circa 4 m. X 8 era in legno, ricoperta di lamiere zincate, e quindi era un ottimo affare! P. Ernesto decise che io mi sarei stabilito nel centro, per la formazione dei catechisti e il ministero apostolico tra i Bum del Canton di Mann /Laolinga e dintorni. P. Cipriano era incaricato di tutto il resto: del Canton di Nzakundu /LAERE, dei Panà/Pondo di Kounang, dei Karré di Kompara (SIKUM) e di parte dei villaggi verso le cascate di Lancrenon che appartenevano al Canton di DEGAULLE. Così l’avventura tra i Panà di NGAOUNDAYE è cominciata.

 

Ma per la nuova Missione avevamo bisogno di un ampio spazio, al margine del villaggio; infatti, dovevamo prenderci cura della formazione dei catechisti di tutta la futura diocesi. Occorreva un piccolo villaggio di 20/35 casette. E poi bisognava costruire la Chiesa e la casa/dimora definitiva dei missionari. I primi giorni, da solo in attesa dell’arrivo di Cipriano, ebbi la possibilità di dare un ampio colpo d’occhio, da vero “stratega”.

 

Innanzi tutto dovevo procurarmi la casa che fungeva da Municipio. Si trovava un po’ appartata;  misurava metri 3X6 metri ed era coperta in lamiere di zinco. A ovest e a sud non c’erano abitazioni, ma in gran parte semplice boscaglia. Era l’ideale! Avrei dovuto parlare con il sindaco PUN-ILE, il grande capo dei Panà! Era il secondo giorno dal mio arrivo in loco e andai a far visita al Sindaco nel suo municipio, ove si trovava con la sua guardia del corpo, Gaston SAPU, e il suo segretario JEAN. Gli dissi che, con la venuta della Missione Cattolica, il Villaggio avrebbe acquistato importanza e sarebbe divenuto un grosso centro; per questo avevo bisogno della sua autorizzazione a utilizzare un terreno ampio per varie attività, specie per il villaggio dei catechisti in formazione, che sarebbero stati scelti nei numerosi Canton di Bocaranga … per cui tutti avrebbero “invidiato” il sindaco di Ngaoundaye … Gli avanzai la proposta di costruire un nuovo Municipio in cambio di quello attuale. Proposta che subito accettò, sapendo bene che con l’Amministratore Coloniale di Bocaranga noi missionari eravamo in buoni rapporti e che ogni difficoltà per le costruzioni l’avremmo appianata facilmente …

 

E’ bastato il suo “sì” per … “mettere in azione” il sottoscritto, che immediatamente si è dato da fare per la realizzazione del nuovo municipio, situato nel centro del villaggio e leggermente più ampio. Ci vollero dieci giorni per la costruzione, che venne inaugurata con un buon bicchiere di birra locale di miglio!

 

Finalmente, arrivato Cipriano, ci siamo trasferiti dalla bottega/CATTIN al vecchio/Municipio. Eravamo a casa nostra e la Chiesa Cattolica poteva avere una sede! Le due camerette dell’ex Municipio erano piccole ma sufficienti per noi, per la nostra privacy; poco distante il water, a forma di “sedia gestatoria”…  In una cameretta era appesa al muro una “scicotte” = sorte di staffile fatto di brandelli di pelle di ippopotamo …

 

In attesa di costruire la casa definitiva, il mio compagno Cipriano visitava la sua ampia zona di “brousse”, per varie centinaia di km, verso Nzakondu, Kunang, Kompara e “piste” secondarie. Il sottoscritto invece cercava di comprare e mettere da parte tanti blocchetti di argilla seccati al sole, per costruire la chiesina di 5m.X 7, con tre finestre ovali; il tetto fu fatto in una giornata sola, avendo utilizzato la paglia “imperata” già pronta, legata assieme (si chiamava “nonongo”= pronta ad essere stesa sul tetto fatto di “bacchette” attaccate con le liane). In questa chiesetta ogni sera i catecumeni si radunavano per  il catechismo.

 

Nel frattempo avevo notato che tra la chiesina provvisoria e il vecchio municipio esisteva una bella e grande termitiera (residenza delle formiche bianche denominate “termiti”), segno evidente che nel sottosuolo c’era acqua in abbondanza. Chiamai subito un uomo pratico a scavare pozzi per l’acqua necessaria al nostro servizio; l’acqua potabile era ad una decina di metri di profondità.  Poco distante dal pozzo in due giorni feci la fossa per la vettura, per cui all’occasione la nostra Renault 1400 si poteva aggiustare. A pochi metri dalla fossa per la vettura fu costruita una casetta per gli utensili necessari al lavoro meccanico, sotto la direzione di Cipriano, che aveva sempre con sé il giovane GUM Alberto. Ben presto egli imparò il mestiere di meccanico e in poco tempo si fece una fama “universale”! In seguito Alberto sposò AVUNA Jeanne, che in una decina di anni gli diede sei figlie … per cui un giorno piangendo e lamentandosi venne a dirmi di difenderla presso Alberto perché se nascevano solo figlie … non era colpa sua … Infine arrivò anche il maschio!

 

Quando cominciai la costruzione della Chiesa dedicata all‘IMMACOLATA CONCEZIONE, il Superiore mi scrisse una lettera: “ Mi sembra che il piano della Chiesa sia molto difficile da essere realizzato, ed io come superiore dovrei esserne il garante di fronte al Vescovo e all’Amministratore Coloniale … Se la costruzione cedesse per il peso … sarebbe un bel fallimento e cosa direbbero i nostri superiori ecclesiastici e civili?”. Risposi che mi sarei impegnato in quel lavoro e, proprio perché era arduo, vi avrei dedicato tutte le mie energie … P. Ernesto mi rispose: “Se te la senti, sono d’accordo; però desidero che tu presenti il tuo piano a un ingegnere e che lo faccia firmare da lui! Allora avrai la mia autorizzazione ai lavori”.

 

Con Cipriano ne abbiamo parlato a lungo e finalmente abbiamo preso la decisione di recarci nel vicino Ciad, a KELO, nella Missione Cattolica tenuta dai Cappuccini canadesi, dove abitava un volontario di professione “ingegnere”!

 

Ed eccoci in viaggio. Ma ad una ventina di km da NGAOUNDAYE il ponte sul grosso torrente MINI, già in Ciad, non c’era più! L’unica cosa da fare fu passare lentamente a guado, con circa 60/80 centimetri di acqua, e mettere l’argano che sempre portavamo nella vettura, attaccandolo ad un tronco d’albero dall’altra parte della riva, e far avanzare la vettura con una leva. Dopo un’oretta di lavoro, rieccoci sulla strada sterrata per riprendere il cammino verso nord. In due o tre ore siamo arrivati a MOUNDOU. Qui abbiamo pensato di rivolgerci al meccanico dell’Amministrazione, per cercare un ingegnere e vedere assieme la nostra costruzione:  per un sacchetto di cemento quante carrette di sabbia occorrono; e per le colonne e i “linteaux” quale ferro e di quale misura metterlo … Lui (l’ingegnere) parlava ed io dicevo sempre di sì con la testa … Per l’ingegnere la costruzione si poteva fare facilmente e ci ha dato qualche consiglio. 

 

Più fiduciosi siamo ripartiti per la Missione Cattolica di Kelo, per incontrare l’ingegnere che cercavamo. Avendo presentato il piano, questi lo ha subito confermato e di cuore lo ha firmato  -  manu propria  - . Al ritorno abbiamo di nuovo passato a guado il torrente MINI … e finalmente con un ouff siamo arrivati sulla strada maestra.

 

Dopo un sonno ristoratore, il mattino seguente con la prima occasione ho inviato lo scritto firmato dall’ingegnere canadese al mio superiore che mi ha risposto … non troppo convinto: “Se proprio è così come mi scrivi … inizia pure la costruzione”.

 

Immediatamente mi sono messo al lavoro e in poco più di cinque mesi la Chiesa è stata terminata e inaugurata il 17 marzo 1965.  Mi sembra che questa festa del 50° sia un miracolo di  sussistenza … Infatti la chiesa si trova su una collina in bella vista, ma esposta al vento e alle forti piogge. Se ha resistito per cinquant’anni agli elementi scatenati … resisterà ancora per un bel po’ di tempo!

 

Il primo lavoro da fare da un’équipe di manovali è stato quello di preparare una grande quantità di blocchetti di cemento “bucati”, per farvi entrare i ferri di sostegno; avendo trovato in una lontana Missione una macchina a mano di marca “ROSA COMETA” me la feci inviare. Subito il lavoro non riuscì dato che erano necessari supporti in ghisa e non in legno come mettevamo noi, poiché il cemento fresco li faceva piegare e tutto cadeva … Solo in occasione del mio viaggio in patria nel 1964, a Milano, in un viottolo dietro il DUOMO, ho potuto trovare la “ROSA COMETA” e così comprare una macchina con tanti supporti in ghisa.

 

Abbiamo dovuto attendere sei mesi per preparare i blocchetti, che nel mio piano dovevano essere alcuni ricurvi, chiamati “bul” (per intendermela con i manovali), altri frastagliati, chiamati “Kaiman”, altri ancora lisci, “polelele = lisci” … La Chiesa ha la sua originalità nel mettere assieme iquesti tre segni differenti. L’équipe dei tre manovali faceva una cinquantina di blocchetti al giorno. Il giorno dopo venivano tolti dal loro supporto e messi vicino all’acqua del fiume perché prendessero consistenza.

 

Aggiungo confidenzialmente che, se per la mia santificazione avessi messo tutta la testardaggine che ho impiegato nella costruzione della Chiesa dell’Immacolata Concezione di NGAOUNDAYE, a quest’ora sarei beato! 

 

L’Ex

 

 



 

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Messaggio Cristiano
CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE DURANTE IL VOLO DI RITORNO da SINGAPORE

13 settembre 2024

Matteo Bruni

Eccoci. Salve, Santità. Grazie per questi giorni – molti giorni – di viaggio. Grazie anche per averci fatto percepire di più la gioia della gente che la nostra stanchezza. E adesso ci sono un po’ di domande da parte dei giornalisti che hanno viaggiato con Lei. Le prime, come da tradizione.

Papa Francesco

Prima di tutto voglio ringraziare tutti voi per questo lavoro, per questa compagnia nel viaggio, che per me è molto importante. Poi, io vorrei congratularmi con la “decana”, perché Valentina Alazraki fa il 160° viaggio, con questo! Io non le dirò che deve andare in pensione, ma che continui così!

Bene, adesso fate le domande. E grazie tante!

Matteo Bruni

Bene. La prima domanda è di una giornalista che viene da Singapore, Santità: Pei Ting Wong (The Streits Times). Farà la domanda in inglese e la traduco per Lei.

Pei Ting Wong (The Streits Times)

Papa Francesco, sono felice che Lei stia bene e che stia tornando a Roma. Spero che abbia apprezzato la visita a Singapore e anche il cibo locale. Siamo freschi dell’esperienza di Singapore e possiamo partire da lì. In generale, cosa ha valorizzato maggiormente di Singapore: la cultura, la gente? È stato sorpreso da quello che ha visto? E cosa può imparare Singapore dagli altri tre Paesi che abbiamo visitato, in modo specifico mi riferisco al Suo messaggio riguardo a un compenso equo ai lavoratori migranti a basso reddito: cosa ha ispirato questo messaggio, quale il pensiero all’origine? E l’altra domanda – mi scusi, ne ho un’altra –: Lei ha detto che Singapore ha un ruolo molto speciale da svolgere in ambito internazionale. Cosa può fare Singapore in questo mondo di conflitti, e come il Vaticano, in quanto alleato diplomatico, può contribuire? Grazie.

Papa Francesco

Grazie a Lei. Prima di tutto, io non mi aspettavo di trovare Singapore così. Dicono che la chiamano la New York dell’Oriente: un Paese sviluppato, pulito, gente educata, la città con grattacieli grandi e anche una grande cultura interreligiosa. L’incontro interreligioso che ho avuto alla fine è stato un modello, un modello di fratellanza. Poi ho visto anche, già parlando dei migranti, i grattacieli per gli operai. I grattacieli lussuosi e gli altri sono ben fatti e puliti, e questo mi è piaciuto tanto. Io non ho sentito che ci sia una discriminazione, non ho sentito. Mi ha colpito la cultura. Con gli studenti, per esempio, l’ultimo giorno: sono rimasto colpito dalla cultura. Il ruolo internazionale: ho visto che la prossima settimana c’è una “Formula Uno”, credo… Il ruolo internazionale è di una capitale che attira le culture e questo è importante. È una grande capitale. Io non mi aspettavo di trovare una cosa del genere.

Pei Ting Wong

C’è l’altra domanda: Singapore può imparare dai tre Paesi – Papua Nuova Guinea, Indonesia e Timor Est?

Papa Francesco

Sai, sempre si può imparare qualcosa, perché ogni persona e ogni Paese ha una ricchezza diversa dall’altro. Per questo è importante la fratellanza nella comunicazione. Per esempio, se penso a Timor Est, una cosa è che lì ho visto tanti bambini, e a Singapore non ne ho visti tanti. È forse una cosa da imparare…

Pei Ting Wong

Sì, noi abbiamo un tasso di natalità basso.

Papa Francesco

Hanno paura? Qual è il vostro tasso di natalità?

Pei Ting Wong

Inferiore a 1,2%, più basso di quello del Giappone, per quanto ne sappia.

Papa Francesco

Il futuro sono i bambini! Pensate a questo. Grazie. Ah, un’altra cosa: voi, gli abitanti di Singapore, siete simpaticissimi. You smile, smile…

Matteo Bruni

La seconda domanda, Santità, è di Delfim De Oliveira, che è un giornalista di GMN TV di Timor Est. Lui farà la domanda in portoghese, ma noi abbiamo la traduzione della sua domanda.

Delfim De Oliveira, GMN TV (Grupo Média Nacional) di Timor Est

Santo Padre, muito obrigado por esta oportunidade. A sua mensagem no final da missa em Taci Tolu é o assunto mais discutido agora em Timor. O senhor utilizou o termo “crocodilos” para chamar a atenção dos timorenses em relação a presença de crocodilos em Timor. O que o Papa queria dizer com isso?

(Santo Padre, La ringrazio per questa opportunità. Il Suo messaggio finale nella Messa a Taci Tolu, è la notizia più diffusa adesso in Timor. Lei ha utilizzato l’espressione “coccodrilli” per attirare l’attenzione dei timoresi sulla presenza dei coccodrilli a Timor Est. Cosa intendeva dire con questo?)

Papa Francesco

Ho preso l’immagine dei coccodrilli che vengono sulla spiaggia. Timor Est ha una cultura semplice, familiare, gioiosa e ha una cultura di vita, ha tanti bambini, tanti, e io, quando parlavo di coccodrilli, parlavo delle idee che possono venire da fuori per rovinare questa armonia che voi avete. Ti dico una cosa: io sono rimasto innamorato di Timor Est! Un’altra cosa?...

Delfim De Oliveira, GMN TV (Grupo Média Nacional)

O povo timorense, a maioria em si são católicos e, neste momento, a presença de seitas é muito forte em Timor. A expressão do Papa: “crocodilos” refere-se também a presença de seitas em Timor?

(Il popolo timorese è a maggioranza cattolica; in questo momento, c’è una forte presenza di sette in Timor Est: l’espressione “coccodrilli” può essere stata riferita anche alle sette in Timor?)

Papa Francesco

Può darsi. Io non parlo di questo, non posso, ma può darsi. Perché tutte le religioni vanno rispettate, ma si fa una distinzione tra religione e setta. La religione è universale, qualsiasi religione; la setta è restrittiva, è un gruppetto che sempre ha un’altra intenzione. Grazie, e complimenti per il tuo Paese.

Matteo Bruni

La terza domanda è di Francisca Christy Rosana (Tempo Media Group), una giornalista dall’Indonesia, che – come sa – ha compiuto gli anni qualche giorno fa.

Francisca Christy Rosana (Tempo Media Group)

Thank you, Papa Francisco: I am Francisca from Tempo Magazine. I hope you had memorable moments in Indonesia, because people in Indonesia, not only Catholics, have been waiting for you for a long time. My questions are: we realized that in Indonesia the country is still struggling with its democracy. How do you see that and which is your message for us? And the last one: Papua and Indonesia have the same problem with Papua New Guinea, sometimes: investments in the mining sector is only for the oligarchs, and meanwhile local and indigenous people didn’t get the benefits at all. What do you think about that and what can be done? Thank you, Papa Francisco.

(Grazie, Papa Francesco: sono Francisca, di Tempo Magazine. Spero abbia avuto momenti indimenticabili in Indonesia, perché la gente nel Paese, e non soltanto i cattolici, L’aspettavano da tanto tempo. Le mie domande sono queste: ci siamo resi conto che il Paese ancora sta combattendo per la democrazia. Qual è la Sua impressione e quale il Suo messaggio per noi? E l’ultima domanda: Papua e Indonesia hanno lo stesso problema con Papua Nuova Guinea, a volte: gli investimenti nel settore minerario sono riservati agli oligarchi e nel frattempo la gente del posto e i nativi non usufruiscono dei benefici che derivano da questa attività. Cosa ne pensa, e cosa si può fare? Grazie, Papa Francesco)

Papa Francesco

Questo è un problema, direi, comune alle Nazioni in via di sviluppo. Per questo è importante quello che dice la dottrina sociale della Chiesa: che dev’esserci comunicazione tra i diversi settori della società. Lei ha detto che l’Indonesia è un Paese in via di sviluppo, e forse una delle cose che va sviluppata è precisamente questa: il rapporto sociale. Ma sono rimasto contento della visita al suo Paese. Molto bene, molto bello!

Matteo Bruni

Santità, la stampa della Papua Nuova Guinea ha seguito con grande interesse il Suo viaggio, però purtroppo non le è stato possibile avere un giornalista su questo volo. Allora colgo l’occasione io per chiederLe se c’è qualcosa che vuole raccontarci della Papua Nuova Guinea, in particolare anche di Vanimo, che è un posto dove mi sembra che Lei abbia voluto andare personalmente.

Papa Francesco

Mi è piaciuto il Paese, e ho visto un Paese in via di sviluppo forte. Poi ho voluto andare a Vanimo per trovare un gruppo di preti e suore argentini che lavorano lì, e ho visto un’organizzazione molto bella, molto bella! In tutti i Paesi l’arte è molto sviluppata: le danze, altre espressioni poetiche… Ma in Papua Nuova Guinea è impressionante, e a Vanimo impressiona lo sviluppo dell’arte. Questo mi ha colpito molto. I missionari che ho visitato sono nella foresta, vanno dentro la foresta a lavorare. Mi è piaciuto Vanimo, e il Paese pure. Grazie.

Matteo Bruni

Grazie a Lei, Santità. La prossima domanda viene da Stefania Falasca, che scrive anche per un sito internet in Cina (Tianou Zhiku).

Stefania Falasca (Tianou Zhiku)

Buona sera, Santo Padre. Purtroppo il cinese non lo parlo! Veniamo da Singapore che è un Paese con una popolazione a maggioranza cinese, ed è un modello di convivenza armoniosa e pacifica. E appunto sulla pace: volevo sapere che cosa ne pensa, vista la vicinanza anche con la Cina continentale, degli sforzi fatti dalla Cina per il raggiungimento di un cessate-il-fuoco nelle regioni sotto conflitto, come la Striscia di Gaza: a luglio è stata firmata a Pechino la “dichiarazione di Pechino” per porre fine alle divisioni tra i palestinesi. E poi, se ci sono spazi di collaborazione sulla pace tra la Cina e la Santa Sede. Un’ultima cosa: siamo a ridosso del rinnovo dell’accordo Cina-Santa Sede sulle nomine dei vescovi. Lei è soddisfatto o no dei risultati del dialogo, che sono stati finora ottenuti?

Papa Francesco

Prendo l’ultima: io sono contento dei dialoghi con la Cina, il risultato è buono, anche per la nomina dei vescovi si lavora con buona volontà. E per questo ho sentito la Segreteria di Stato, su come vanno le cose: io sono contento. L’altra cosa è la Cina: la Cina per me è una ilusión [un desiderio], nel senso che io vorrei visitare la Cina, perché è un grande Paese; io ammiro la Cina, rispetto la Cina. È un Paese con una cultura millenaria, una capacità di dialogo, di capirsi tra loro che va oltre i diversi sistemi di governo che ha avuto. Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare, e per i conflitti certamente. In questo momento, il cardinale Zuppi si muove in questo senso e ha rapporti anche con la Cina.

Matteo Bruni

Grazie Santità. La prossima domanda viene da Anna Matranga (CBS News), che conosce.

Anna Matranga (CBS News)

Buona sera, Santità. Lei ha sempre parlato in difesa della dignità della vita. In Timor Est, un Paese con una natalità molto alta, Lei ha detto che si sente pulsare ed esplodere la vita per i tanti bambini. In Singapore ha parlato in difesa dei lavoratori migranti. In vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti vorrei chiederLe: che consiglio può dare a un elettore cattolico che deve decidere fra un candidato che è favorevole all’interruzione della gravidanza, e un altro che vorrebbe deportare 11 milioni di migranti?

Papa Francesco

Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini. Ambedue sono contro la vita. Non si può decidere, io non posso dire, non sono statunitense, non andrò a votare lì, ma sia chiaro: mandare via i migranti, non dare ai migranti capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è peccato, è grave. Nell’Antico Testamento c’è un ritornello: l’orfano, la vedova e lo straniero, cioè il migrante. Sono i tre che il popolo di Israele deve custodire. Chi non custodisce il migrante, manca, è un peccato, un peccato anche contro la vita di quella gente. Io sono stato a celebrare Messa alla frontiera, vicino alla diocesi di El Paso, e c’erano tante scarpe di migranti che sono finiti male, lì. Oggi c’è un flusso di migranti all’interno dell’America Centrale che tante volte vengono trattati come schiavi, perché si approfittano di questo. La migrazione è un diritto, un diritto che già nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento c’era. Lo straniero, l’orfano e la vedova: non dimenticare questo. Questo è quello che io penso dei migranti. Poi, l’aborto. La scienza dice che al mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano, tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere. Questo. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto: la Chiesa non permette l’aborto perché è uccidere, è un assassinio, è un assassinio. E su questo dobbiamo avere le cose chiare. Mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciare che abbiano la loro vita è una cosa brutta, è cattiveria. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio, perché c’è vita. E in queste cose dobbiamo parlare chiaro. “No, ma, però…”. Niente “però”. Ambedue le cose sono chiare. L’orfano, lo straniero e la vedova: non dimenticare quello.

Anna Matranga (CBS News)

Possono esserci circostanze in cui sia moralmente ammissibile per un cattolico votare per un candidato che è favorevole all’interruzione della vita?

Papa Francesco

Nella morale politica, in genere si dice che non votare è brutto, non è buono: si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella Signora o quel Signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo.

Matteo Bruni

Grazie, Santità. La prossima domanda è di Mimmo Muolo, di “Avvenire”.

Mimmo Muolo, Avvenire

Buonasera, Santità, e grazie per questi giorni. A nome dei giornalisti italiani vorrei chiederLe: c’è il pericolo che il conflitto di Gaza si estenda anche alla Cisgiordania e c’è stata un’esplosione, poche ore fa, che ha causato la morte di 18 persone, tra cui alcuni operatori Onu. Quali sono i suoi sentimenti in questo momento? E che cosa si sente di dire alle parti in guerra? C’è la possibilità eventualmente anche di una mediazione della Santa Sede per arrivare a un cessate-il-fuoco e all’auspicata pace? Grazie.

Papa Francesco

La Santa Sede lavora per questo. Vi dico una cosa: tutti i giorni chiamo a Gaza, tutti i giorni, la parrocchia di Gaza. Lì dentro, nella parrocchia e nel collegio, ci sono 600 persone: cristiani e musulmani, ma vivono come fratelli. Mi raccontano cose brutte, cose difficili. Io non posso qualificare se questa azione di guerra è troppo sanguinaria o no, ma per favore, quando si vedono i corpi di bambini uccisi, quando si vede che presumendo che ci siano lì alcuni dei guerriglieri, si bombarda una scuola: è brutto questo, è brutto! A volte si dice che è una guerra difensiva o no, ma alcune volte credo che sia una guerra troppo, troppo… E - mi scuso di dire questo – ma non trovo che si facciano i passi per fare la pace. Per esempio, a Verona, ho avuto un’esperienza molto bella: un ebreo, a cui era morta la moglie sotto un bombardamento, e uno di Gaza, a cui era morta la figlia, ambedue hanno parlato della pace, si sono abbracciati e hanno dato una testimonianza di fratellanza. Io dirò questo: è più importante la fratellanza che l’uccisione del fratello. Fratellanza, darsi la mano. Alla fine, chi vince la guerra troverà una grande sconfitta. La guerra sempre è una sconfitta, sempre, senza eccezioni. E questo non dobbiamo dimenticarlo. Per questo, tutto quello che si fa per la pace è importante. E inoltre voglio dire una cosa – questo è un po’ immischiarmi in politica ma voglio dirlo –: ringrazio tanto, tanto quello che fa il re della Giordania. È un uomo di pace e sta cercando di fare la pace, re Abdallah è un uomo bravo, buono.

Matteo Bruni

La prossima domanda è di Lisa Weiss, della televisione tedesca ARD.

Lisa Weiss, ARD

Santo Padre, grazie per questi giorni. Durante questo viaggio Lei ha parlato molto apertamente, in maniera molto diretta, dei problemi di ogni Paese, non soltanto delle sue bellezze. E proprio per questo ci siamo chiesti come mai non abbia parlato del problema che a Singapore esiste ancora la pena di morte.

Papa Francesco

È vero, sì, non mi è venuto in mente. Ma la pena di morte non funziona: lentamente dobbiamo cercare di eliminarla, lentamente. Tanti Paesi hanno la legge ma non eseguono la sentenza. Negli Stati Uniti è lo stesso per alcuni Stati. Ma la pena di morte va fermata. Non va, non va.

Matteo Bruni

La prossima domanda è di Simon Leplâtre di Le Monde.

Simon Leplâtre, Le Monde

Your Holiness, first thank you very much for this fascinating journey. In Timor-Leste you mentioned young victims of sexual abuse. We thought, of course, of Bishop Belo. In France we have a similar case, the Abbé Pierre, founder of the charity Emmaus, who was for several years elected the favourite personality of the French people. In both cases, their charisma made it harder to believe. I would like to ask: what did the Vatican know about the Abbé Pierre, and what can you tell the victims, and the general population who find it hard to believe that persons that did so many good deeds could also commit crimes? Speaking of France, we also would like to know: will you be in Paris for the reopening of Notre-Dame in December? Thank you very much.

(Santo Padre, in primo luogo grazie tante per questo viaggio affascinante. A Timor Est, ha parlato della giovani vittime di abusi sessuali. Naturalmente, ci è venuto in mente il vescovo Belo. In Francia abbiamo un casi simile, quello dell’Abbé Pierre, fondatore dell’associazione benefica Emmaus, per molti anni eletto personaggio preferito dai francesi. In ambedue i casi, il carisma di queste due persone ha reso molto più difficile credere a quanto accaduto. Vorrei chiederLe: cosa sapeva il Vaticano dell’Abbé Pierre, e cosa Lei potrebbe dire a tutte quelle persone che fanno fatica a credere che una persona che ha fatto tanto bene possa anche avere commesso dei crimini? Parlando invece della Francia, vorrei sapere: Lei sarà a Parigi in occasione della riapertura della cattedrale di Notre-Dame? Grazie tante.)

Papa Francesco

Rispondo prima all’ultima: non andrò a Parigi. Poi, la prima. Tu hai toccato un punto molto dolente, molto delicato. Gente buona, gente che fa il bene – hai nominato l’Abbé Pierre – che poi, con tanto bene che ha fatto, si vede che questa persona è un peccatore brutto. E questa è la nostra condizione umana. Non dobbiamo dire “copriamo, copriamo, perché non si veda”. I peccati pubblici sono pubblici e vanno condannati. Per esempio, l’Abbé Pierre è un uomo che ha fatto tanto bene, ma è anche un peccatore. E noi dobbiamo parlare chiaro su queste cose, non nascondere. Il lavoro contro gli abusi è una cosa che tutti noi dobbiamo fare: ma non solo contro gli abusi sessuali, contro ogni tipo di abuso: l’abuso sociale, l’abuso educativo, cambiare la mentalità alla gente, togliere la libertà… L’abuso è, a mio giudizio, è una cosa demoniaca, perché ogni tipo di abuso distrugge la dignità della persona, ogni tipo di abuso cerca di distruggere quello che tutti noi siamo: immagine di Dio. Io sono contento quando questi casi vengono fuori. E vi dirò una cosa, che forse ho detto un’altra volta: cinque anni fa, abbiamo fatto un incontro con i presidenti delle Conferenze episcopali sui casi di abusi sessuali e di altri abusi, e abbiamo avuto una statistica molto ben fatta, credo delle Nazioni Unite. Dal 42 al 46 per cento degli abusi si verificano in famiglia o nel quartiere… [interruzione] Per finire: l’abuso sessuale dei bambini, dei minorenni è un crimine, è una vergogna.

Matteo Bruni

Forse, per via delle indicazioni del comandante dell’aereo, dobbiamo sederci un attimo. Se Lei vuole riprendere, possiamo metterci qua. Forse possiamo intanto andare con un’altra domanda da parte di Elisabetta Piqué del quotidiano La Naciòn, che Lei conosce bene.

Elisabetta Piqué, La Naciòn

Prima di tutto, grazie per questo viaggio bellissimo ai confini del mondo: è stato il più lungo del Pontificato. E parlando di viaggi lunghi, tutti in questo viaggio, molti colleghi mi hanno domandato: “Ma si va in Argentina?”. Lei tante volte ha detto che magari a fine anno… Questa è la prima domanda: se andiamo in Argentina o no. E la seconda, sul Venezuela: come Lei sa, c’è una situazione drammatica; in questi giorni in cui Lei era in viaggio il presidente teoricamente eletto ha dovuto esiliarsi in Spagna. Che messaggio darebbe al popolo del Venezuela? Grazie.

Papa Francesco

Io non ho seguito la situazione del Venezuela, ma il messaggio che darei ai governanti è dialogare e fare la pace. Le dittature non servono e finiscono male, prima o dopo. Leggete la storia della Chiesa. Io direi che il governo e la gente facciano di tutto per trovare un cammino di pace, per il Venezuela. Non riesco a dare un’opinione politica perché non conosco i dettagli. So che i vescovi hanno parlato e il messaggio dei vescovi dev’essere più buono. E poi, se andrò in Argentina, è una cosa ancora non decisa. Io vorrei andare, è il mio popolo, vorrei andare; ma ancora non è decisa, perché ci sono diverse cose da risolvere prima. È tutto?

Elisabetta Piqué, La Naciòn

Del gruppo spagnolo: nel caso si andasse, potrebbe esserci uno scalo nelle Canarie?

Papa Francesco

Tu mi hai letto nel pensiero. Io penso un po’ a questo: andare nelle Canarie, perché lì ci sono le situazioni dei migranti che vengono dal mare, e vorrei essere vicino ai governanti e al popolo della Canarie. È così.

Matteo Bruni

Santità, forse possiamo fare un’ultima domanda prima di pranzo, da parte di un giornalista indonesiano, Bonifasius Josie Susilo Hardianto, di Kompas.Id

Bonifasius Josie Susilo Hardianto, Kompas.Id

Thank you, Father. Some Countries are starting to move away from their commitment to the Paris Agreement based on economic reasons, specially after the pandemic. Number of Countries are hesitant to transition to clean energy and less carbon. What does His Holiness think about the matters?

(Grazie, Santo Padre. Alcuni Paesi si stanno ritirando dal loro impegno preso con l’Accordo di Parigi, a causa di difficoltà economiche, soprattutto dopo la pandemia. Molti Paesi esitano ad affrontare la transizione verso un’energia pulita e meno basata su combustibili fossili. Cosa pensa di questa cosa?)

Papa Francesco

Penso che il problema climatico è grave, è molto grave. Dal momento di Parigi, che è stato il culmine, poi gli incontri climatici sono in discesa. Si parla si parla ma non si fa. Questa è la mia impressione. Su questo ho parlato nei due scritti, Laudato si’ e Laudate Deum.

Matteo Bruni

Intanto, ringraziamo, Santità…

Papa Francesco

Grazie a voi. Grazie. E avanti, coraggio. Speriamo che ci diano da mangiare, adesso!...

No, Una cosa a cui non avevo risposto…

Matteo Bruni

Per completare la risposta a Simon Leplâtre:

Papa Francesco

Cosa sapeva il Vaticano dell’Abbé Pierre. Non so quando il Vaticano è venuto a saperlo, non lo so. Non lo so perché io non ero qui e mai mi è venuta l’idea di fare una ricerca su questo. Ma certamente dopo la morte, sicuro; prima, non so.

Matteo Bruni

Grazie ancora, Santità, per questo chiarimento. Buona conclusione di viaggio.

Papa Francesco