A tutto campo


Savona dal colle dei Cappuccini

Mi è capitata tra le mani l'antologia critica di poesie e prose di Giuseppe Cava, intitolata: "Te veuggio ben Savonn-a"....

              Dopo tanti anni sono risalito ai Cappuccini. 76 metri circa sul livello del mare non sono l´Himalaia: pure una fatica dura e improba per i miei mezzi di locomozione. M´ha agevolato l´autobus di servizio alla Villetta. Ne ho avuto un compenso immenso di bellezza e di commozione. Un rapimento estatico, che di sullo stretto sacrato della chiesetta del convento, mi ha penetrato l´animo con l´incanto dello sconfinato spazio di cielo, di mare e di monti di cui i miei occhi si beavano avidamente insazi.

 

            Altre volte quassù ho invidiato ai modesti figli di San Francesco quest´eremo felice. In cospetto della circostante bellezza, della quale si ha l´impressione di essere il centro, la rinuncia al secolo e la povertà a cui volontariamente si costringono, non mi sono sembrate tanto dure. Dominano, spaziano, s´elevano verso quel cielo invocato nelle loro preghiere, clemente ai mortali che vivon giù ai loro piedi, schiavi dei muri e privati della infinita allegrezza della natura sparsa sul mondo, e dagli spettacoli immensi di luce e di colore ch´essa inscena e cangia di continuo, capricciosamente e superbamente incantatrice.

 

            Vista di là la città, di cui andiamo orgogliosi, sembra un grigio agglomerato di tetti accavallati, simili a un´ondata di lava rappresa e ancor fumigante dai mille comignoli ai piedi del colle. Una delusione, un formicaio in perpetua peregrinazione da una tana all´altra.

 

              Un tempo per raggiungere la cima del colle, dopo l´erta faticosa della Tagliata (ora con appropriato pensiero denominata Via Monte Grappa) si procedeva per strade incassate tra i muri di cinta dei giardini e degli orti. Oggi le case si sono arrampicate sino ai piedi della Croce, di dove comincia la breve salita alberata, che conduce al convento. Ancora qualche decennio, eppoi il convento si troverà dentro una cerchia di costruzioni. L´eremo diverrà prigioniero dell´abitato. L´assalto di Satana alla serafica vita contemplativa dei fratelli.

 

            Il bel colle soffuso di poesia e misticismo verrà sommerso, e il superbo panorama che vi si offre allo sguardo e che ha limiti soltanto nella potenza visiva, diverrà ostacolato dai tetti e dai muri delle case. Salendo quassù non avremo più il conforto di poter evadere per qualche ora dalla schiavitù dei muri che rendon l´uomo più piccino e più misero di quanto è nato. Non vi sarà differenza che nell´altimetria, come in certe città dell´Umbria e delle Marche fabbricate sui cocuzzoli delle colline.

 

            E allora tutto qui intorno diverrà piatto, grigio, convenzionale, artificioso.

            Come ai piedi del colle nella fabbricata distesa di cui siamo orgogliosi.

 

Da "Vecchia Savona", Marco Sabatelli Editore, 1967 e 1971 

 

 

 

 

 

Mi è capitata per caso tra le mani l´antologia critica di poesie e prose di Giuseppe Cava, intitolata: "Te veuggio ben Savonn-a". Naturalmente ho letto lo scritto: "Savona dal colle dei Cappuccini",  che mi ha fatto ritornare al 1944-46 quando, giovane frate, con una trentina di confratelli, seguivo il corso di filosofia.

Non conosco la data precisa in cui Giuseppe Cava ha dato alle stampe la sua opera (era deceduto pochi anni prima, nel ´40). Posso aggiungere però quanto segue.

La "Villetta" allora era veramente una "villetta", una distesa di orti, e le abitazioni cominciavano all´inizio superiore di Via Monte Grappa. In quel triennio di fine guerra, i Tedeschi, che risiedevano alle "NINFE"  - sulle alture soprastanti i Cappuccini   - avevano i loro cannocchiali puntati sulle montagne al di là di Valleggia e sovente mettevano in azione i loro cannoni a lunga gettata, per impaurire i partigiani che vi si trovavano.

Pure ad est dei Cappuccini, verso Valloria, erano poche le abitazioni, fino ad arrivare alle "Rondinine" per la vecchia strada di Loreto.

 

Siamo nel 2011 e sento di poter affermare che quanto è stato detto da Giuseppe Cava si è avverato: "Ancora qualche decennio, eppoi il convento si troverà dentro una cerchia di costruzioni. L´eremo diverrà prigioniero dell´abitato"… ma non del tutto! Qualcosa di "sacro", di "intimo e di eremitico" è rimasto e i cappuccini sempre più cercano di valorizzare i quattro ettari di terreno a bosco e ad uliveto, che circonda l´abitazione dei frati. La gente viene sempre più numerosa per cercare tranquillità e silenzio, per calmare lo stress della vita convulsa, che si svolge nelle strade e nei vicoli della sottostante città.

 

Se un tempo che fu, i cappuccini erano a servizio della gente desiderosa di ricevere i sacramenti della fede cristiana, oggi essi si tengono specialmente a disposizione di tutti, per ascoltare e rispondere ai quesiti, personali e familiari. Nel suggestivo parco c´è questa possibilità, sia rimanendo seduti che passeggiando.

 

                                                                      L'Ex



 

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Messaggio Cristiano
INCONTRO CON GLI STUDENTI IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEL MONDO EDUCATIVO - Aula Paolo VI, 30 ottobre 2025

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,
La pace sia con voi!

Cari ragazzi, care ragazze, buongiorno!

Che gioia incontrarvi! Grazie a voi! Ho atteso questo momento con grande emozione: la vostra compagnia, infatti, mi fa ricordare gli anni nei quali insegnavo matematica a giovani vivaci come voi. Vi ringrazio per aver risposto così, per essere qui oggi, per condividere le riflessioni e le speranze che, attraverso di voi, consegno ai nostri amici sparsi in tutto il mondo.

Vorrei cominciare ricordando Pier Giorgio Frassati, uno studente italiano che, come sapete, è stato canonizzato durante quest’anno giubilare. Col suo animo appassionato per Dio e per il prossimo, questo giovane santo coniò due frasi che ripeteva spesso, quasi come un motto, lui diceva: “Vivere senza fede non è vivere, ma vivacchiare” e ancora: “Verso l’alto”. Sono affermazioni molto vere e incoraggianti. Anche a voi, perciò, dico: abbiate l’audacia di vivere in pienezza. Non accontentatevi delle apparenze o delle mode: un’esistenza appiattita su quel che passa non ci soddisfa mai. Invece, ognuno dica nel proprio cuore: “Sogno di più, Signore, ho voglia di più: ispirami tu!”. Questo desiderio è la vostra forza ed esprime bene l’impegno di giovani che progettano una società migliore, della quale non accettano di restare spettatori. Vi incoraggio, perciò, a tendere costantemente “verso l’alto”, accendendo il faro della speranza nelle ore buie della storia. Come sarebbe bello se un giorno la vostra generazione fosse riconosciuta come la “generazione plus”, ricordata per la marcia in più che saprete dare alla Chiesa e al mondo.

Questo, cari ragazzi, non può rimanere il sogno di una persona sola: uniamoci allora per realizzarlo, testimoniando insieme la gioia di credere in Gesù Cristo. Come possiamo riuscirci? La risposta è essenziale: attraverso l’educazione, uno degli strumenti più belli e potenti per cambiare il mondo.

L’amato Papa Francesco, cinque anni fa, ha lanciato il grande progetto del Patto Educativo Globale, e cioè un’alleanza di tutti coloro che, a vario titolo, lavorano nell’ambito dell’educazione e della cultura, per coinvolgere le giovani generazioni in una fraternità universale. Voi, infatti, non siete solo destinatari dell’educazione, ma i suoi protagonisti. Perciò oggi vi chiedo di allearvi per aprire una nuova stagione educativa, nella quale tutti — giovani e adulti — diventiamo credibili testimoni di verità e di pace. Per questo vi dico: siete chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace. Coinvolgete i vostri coetanei nella ricerca della verità e nella coltivazione della pace, esprimendo queste due passioni con la vostra vita, con le parole e con i gesti quotidiani.

In proposito, all’esempio di san Pier Giorgio Frassati unisco una riflessione di san John Henry Newman, un santo studioso, che presto sarà proclamato Dottore della Chiesa. Egli diceva che il sapere si moltiplica quando viene condiviso e che è nella conversazione delle menti che si accende la fiamma della verità. Così la vera pace nasce quando tante vite, come stelle, si uniscono e formano un disegno. Insieme possiamo formare costellazioni educative, che orientano il cammino futuro.

Da ex professore di matematica e fisica, permettetemi di fare con voi qualche calcolo. Avrete l’esame di matematica tra poco forse? Vediamo… Sapete quante stelle ci sono nell’universo osservabile? È un numero impressionante e meraviglioso: un sestilione di stelle – un 1 seguito da 21 zeri! Se le dividessimo tra gli 8 miliardi di abitanti della Terra, ogni uomo avrebbe per sé centinaia di miliardi di stelle. Ad occhio nudo, nelle notti limpide, possiamo scorgerne circa cinquemila. Anche se le stelle sono miliardi di miliardi, vediamo solo le costellazioni più vicine: queste però ci indicano una direzione, come quando si naviga per mare.

Da sempre i viaggiatori hanno trovato la rotta nelle stelle. I marinai seguivano la Stella Polare; i Polinesiani attraversavano l’oceano memorizzando mappe stellari. Secondo i contadini delle Ande, che ho incontrato da missionario in Perù, il cielo è un libro aperto che segna le stagioni della semina, della tosatura, dei cicli della vita. Persino i Magi hanno seguito una stella per arrivare a Betlemme ad adorare Gesù Bambino.

Come loro, anche voi avete stelle-guida: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i buoni amici, bussole per non perdervi nelle vicende liete e tristi della vita. Come loro, siete chiamati a diventare a vostra volta luminosi testimoni per chi vi sta accanto. Ma, come dicevo, una stella da sola resta un punto isolato. Quando si unisce alle altre, invece, forma una costellazione, come la Croce del Sud. Così siete voi: ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro. L’educazione unisce le persone in comunità vive e organizza le idee in costellazioni di senso. Come scrive il profeta Daniele, «quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno» (Dn 12,3): che meraviglia: siamo stelle, sì, perché siamo scintille di Dio. Educare significa coltivare questo dono.

L’educazione, infatti, ci insegna a guardare in alto, sempre più in alto. Quando Galileo Galilei puntò il cannocchiale al cielo, scoprì mondi nuovi: le lune di Giove, le montagne della Luna. Così è l’educazione: un cannocchiale che vi permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non vedreste. Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini: guardate al Cielo, guardate verso l’alto.

Cari giovani, voi stessi avete suggerito la prima delle nuove sfide che ci impegnano nel nostro Patto Educativo Globale, esprimendo un desiderio forte e chiaro; avete detto: “Aiutateci nell’educazione alla vita interiore.” Sono rimasto veramente colpito da questa richiesta. Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono. Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore: anche a voi sarà capitato di percepire quella sensazione di vuoto, di inquietudine che non lascia in pace. Nei casi più gravi, assistiamo a episodi di disagio, violenza, bullismo, sopraffazione, persino a giovani che si isolano e non vogliono più rapportarsi con gli altri. Penso che dietro a queste sofferenze ci sia anche il vuoto scavato da una società incapace di educare la dimensione spirituale, non solo tecnica, sociale e morale della persona umana.

Da giovane, sant’Agostino era un ragazzo brillante, ma profondamente insoddisfatto, come leggiamo nella sua autobiografia, Le Confessioni. Egli cercava dappertutto, tra carriera e piaceri, e ne combinava di tutti i colori, senza però trovare né verità né pace. Finché non ha scoperto Dio nel proprio cuore, scrivendo una frase densissima, che vale per tutti noi: «Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te». Ecco allora che cosa significa educare alla vita interiore: ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: “Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande”, “non vivacchiare, ma vivi”.

La seconda delle nuove sfide educative è un impegno che ci tocca ogni giorno e del quale voi siete maestri: l’educazione al digitale. Ci vivete dentro, e non è un male: ci sono opportunità enormi di studio e comunicazione. Non lasciate però che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi.

Anche l’intelligenza artificiale è una grande novità – una delle rerum novarum, cioè delle cose nuove – del nostro tempo: non basta tuttavia essere “intelligenti” nella realtà virtuale, ma bisogna essere umani con gli altri, coltivando un’intelligenza emotiva, spirituale, sociale, ecologica. Perciò vi dico: educatevi ad umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga. Anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale!

A questo riguardo, abbiamo davanti un attualissimo esempio di santità: San Carlo Acutis. Un ragazzo che non si è fatto schiavo della rete, usandola invece con abilità per il bene. San Carlo unì la sua bella fede alla passione per l’informatica, creando un sito sui miracoli eucaristici, e facendo così di Internet uno strumento per evangelizzare. La sua iniziativa ci insegna che il digitale è educativo quando non ci rinchiude in noi stessi, ma ci apre agli altri: quando non ti mette al centro, ma ti concentra su Dio e sugli altri.

Carissimi, arriviamo infine alla terza nuova grande sfida che oggi vi affido e che sta al cuore del nuovo Patto Educativo Globale: la educazione alla pace. Vedete bene quanto il nostro futuro venga minacciato dalla guerra e dall’odio che dividono i popoli. Questo futuro può essere cambiato? Certamente! Come? Con un’educazione alla pace disarmata e disarmante. Non basta, infatti, far tacere le armi: occorre disarmare i cuori, rinunciando a ogni violenza e volgarità. In tal modo, un’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti, riconoscendo l’uguale dignità di ogni ragazzo e ragazza, senza mai dividere i giovani tra pochi privilegiati che hanno accesso a scuole costosissime e tanti che non accesso all’educazione. Con grande fiducia in voi, vi invito a essere operatori di pace anzitutto lì dove vivete, in famiglia, a scuola, nello sport e tra gli amici, andando incontro a chi proviene da un’altra cultura.

Per concludere, carissimi, il vostro sguardo non sia rivolto alle stelle cadenti, cui si affidano desideri fragili. Guardate ancora più verso l’alto, verso Gesù Cristo, «il sole di giustizia» (cfr Lc 1,78), che vi guiderà sempre nei sentieri della vita.

LEONE XIV