Mercoledì 23 Ottobre 2024
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Le parole del Papa


ESAME di COSCIENZA

I consigli di Papa Francesco

 
È "Custodisci il cuore" il titolo del libretto che Papa Francesco ha fatto distribuire in piazza San Pietro dopo l'Angelus di domenica 22 febbraio 2015. Un breve compendio con i contenuti del messaggio e gli insegnamenti di Gesù, gli elementi essenziali della fede e le pratiche spirituali tradizionali: la lettura della Parola di Dio, l'esame di coscienza della sera.
 
 
"La Quaresima è un cammino di conversione che ha come centro il cuore", ha detto domenica Francesco, e allora [...] bisogna "custodire il cuore, perché non diventi una piazza dove vanno e vengono tutti tranne il Signore". Pubblichiamo qui le indicazioni per l'esame di coscienza contenute nel libretto, che consistono nell’interrogarsi sul male commesso e il bene omesso verso Dio, il prossimo e sé stessi.

Nei confronti di Dio
Mi rivolgo a Dio solo nel bisogno?
Partecipo alla Messa la domenica e le feste di precetto?
Comincio e chiudo la giornata con la preghiera?
Ho nominato invano Dio, la Vergine, i Santi?
Mi sono vergognato di dimostrarmi cristiano?
Cosa faccio per crescere spiritualmente? Come? Quando?
Mi ribello davanti ai disegni di Dio?
Pretendo che egli compia la mia volontà?
 
Nei confronti del prossimo
So perdonare, compatire, aiutare il prossimo?
Ho calunniato, rubato, disprezzato i piccoli e gli indifesi?
Sono invidioso, collerico, parziale?
Ho cura dei poveri e dei malati?
Mi vergogno della carne di mio fratello, della mia sorella?
Sono onesto e giusto con tutti o alimento la “cultura dello scarto”?
Ho istigato altri a fare il male?
Osservo la morale coniugale e familiare insegnata dal Vangelo?
Come vivo le responsabilità educative verso i figli?
Onoro e rispetto i miei genitori?
Ho rifiutato la vita appena concepita?
Ho spento il dono della vita?
Ho aiutato a farlo?
Rispetto l’ambiente?
 
Nei confronti di sé
Sono un po’ mondano e un po’ credente?
Esagero nel mangiare, bere, fumare, divertirmi?
Mi preoccupo troppo della salute fisica, dei miei beni?
Come uso il mio tempo?
Sono pigro?
Voglio essere servito?
Amo e coltivo la purezza di cuore, di pensieri e di azioni?
Medito vendette, nutro rancori?
Sono mite, umile, costruttore di pace?
 
 
(tratto da www.avvenire.it)

 

“Dio non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, facilmente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza… Questo atteggiamento egoista, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare”.

Papa Francesco

Messaggio per la Quaresima 2015

 

 
 
MERCOLEDI' delle CENERI
 
 
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

 

[Multimedia]


 

Come popolo di Dio incominciamo il cammino della Quaresima, tempo in cui cerchiamo di unirci più strettamente al Signore, per condividere il mistero della sua passione e della sua risurrezione.

 

La liturgia di oggi ci propone anzitutto il passo del profeta Gioele, inviato da Dio a chiamare il popolo alla penitenza e alla conversione, a causa di una calamità (un’invasione di cavallette) che devasta la Giudea. Solo il Signore può salvare dal flagello e bisogna quindi supplicarlo con preghiere e digiuni, confessando il proprio peccato.

 

Il profeta insiste sulla conversione interiore: «Ritornate a me con tutto il cuore» (2,12).

 

Ritornare al Signore “con tutto il cuore” significa intraprendere il cammino di una conversione non superficiale e transitoria, bensì un itinerario spirituale che riguarda il luogo più intimo della nostra persona. Il cuore, infatti, è la sede dei nostri sentimenti, il centro in cui maturano le nostre scelte, i nostri atteggiamenti. Quel “ritornate a me con tutto il cuore” non coinvolge solamente i singoli, ma si estende all’intera comunità, è una convocazione rivolta a tutti: «Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (v. 16).

 

Il profeta si sofferma in particolare sulla preghiera dei sacerdoti, facendo osservare che va accompagnata dalle lacrime. Ci farà bene, a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, all’inizio di questa Quaresima, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene farci la domanda: “Io piango? Il Papa piange? I cardinali piangono? I vescovi piangono? I consacrati piangono? I sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?”. E proprio questo è il messaggio del Vangelo odierno. Nel brano di Matteo, Gesù rilegge le tre opere di pietà previste nella legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. E distingue, il fatto esterno dal fatto interno, da quel piangere dal cuore. Nel corso del tempo, queste prescrizioni erano state intaccate dalla ruggine del formalismo esteriore, o addirittura si erano mutate in un segno di superiorità sociale. Gesù mette in evidenza una tentazione comune in queste tre opere, che si può riassumere proprio nell’ipocrisia (la nomina per ben tre volte): «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro…Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti…Quando pregate, non siate simili agli ipocriti, che…amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. … E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti» (Mt 6,1.2.5.16). Sapete, fratelli, che gli ipocriti non sanno piangere, hanno dimenticato come si piange, non chiedono il dono delle lacrime.

 

Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce in noi il desiderio di essere stimati e ammirati per questa buona azione, per ricavarne una soddisfazione. Gesù ci invita a compiere queste opere senza alcuna ostentazione, e a confidare unicamente nella ricompensa del Padre «che vede nel segreto» (Mt 6,4.6.18).

 

Cari fratelli e sorelle, il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono - tutti ne abbiamo bisogno - , invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Come accogliere questo invito? Ce lo suggerisce san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor5,20). Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare. La riconciliazione tra noi e Dio è possibile grazie alla misericordia del Padre che, per amore verso di noi, non ha esitato a sacrificare il suo Figlio unigenito. Infatti il Cristo, che era giusto e senza peccato, per noi fu fatto peccato (v. 21) quando sulla croce fu caricato dei nostri peccati, e così ci ha riscattati e giustificati davanti a Dio. «In Lui» noi possiamo diventare giusti, in Lui possiamo cambiare, se accogliamo la grazia di Dio e non lasciamo passare invano questo «momento favorevole» (6,2). Per favore, fermiamoci, fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio.

 

Con questa consapevolezza, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Maria Madre Immacolata, senza peccato, sostenga il nostro combattimento spirituale contro il peccato, ci accompagni in questo momento favorevole, perché possiamo giungere a cantare insieme l’esultanza della vittoria nel giorno della Pasqua. E come segno della volontà di lasciarci riconciliare con Dio, oltre alle lacrime che saranno “nel segreto”, in pubblico compiremo il gesto dell’imposizione delle ceneri sul capo. Il celebrante pronuncia queste parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr Gen 3,19), oppure ripete l’esortazione di Gesù: «Convertitevi e credete al Vangelo» (cfr Mc 1,15). Entrambe le formule costituiscono un richiamo alla verità dell’esistenza umana: siamo creature limitate, peccatori sempre bisognosi di penitenza e di conversione. Quanto è importante ascoltare ed accogliere tale richiamo in questo nostro tempo! L’invito alla conversione è allora una spinta a tornare, come fece il figlio della parabola, tra le braccia di Dio, Padre tenero e misericordioso, a piangere in quell’abbraccio, a fidarsi di Lui e ad affidarsi a Lui.

 

 

 



 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE Piazza San Pietro - Mercoledì, 23 Ottobre 2024

Ciclo di Catechesi. Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza. 10. “Lo Spirito dono di Dio”. Lo Spirito Santo e il sacramento del matrimonio

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Abbiamo spiegato la volta scorsa ciò che, dello Spirito Santo, proclamiamo nel credo. La riflessione della Chiesa, però, non si è fermata a quella breve professione di fede. Essa è proseguita, sia in Oriente che in Occidente, per opera di grandi Padri e Dottori. Oggi, in particolare, vorremmo raccogliere qualche briciola della dottrina dello Spirito Santo sviluppatasi nella tradizione latina, per vedere come essa illumini tutta la vita cristiana e in modo particolare il sacramento del matrimonio.

L’artefice principale di tale dottrina è sant’Agostino, che ha sviluppato la dottrina sullo Spirito Santo. Egli parte dalla rivelazione che «Dio è amore» ( 1Gv 4,8). Ora l’amore suppone uno che ama, uno che è amato e l’amore stesso che li unisce. Il Padre è, nella Trinità colui che ama, la fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato, e lo Spirito Santo è l’amore che li unisce [1]. Il Dio dei cristiani dunque è un Dio “unico”, ma non solitario; la sua è una unità di comunione, di amore. In questa linea, qualcuno ha proposto di chiamare lo Spirito Santo, non “la terza persona” singolare della Trinità, ma piuttosto “la prima persona plurale”. Egli, in altre parole, è il Noi, il Noi divino del Padre e del Figlio, il vincolo di unità tra diverse persone [2], principio stesso dell’unità della Chiesa, che è appunto un “corpo solo” risultante da più persone.

Come ho detto, oggi vorrei riflettere con voi in particolare su ciò che lo Spirito Santo ha da dire alla famiglia. Che cosa può avere a che fare lo Spirito Santo con il matrimonio, per esempio? Moltissimo, forse l’essenziale, e cerco di spiegare perché! Il matrimonio cristiano è il sacramento del farsi dono, l’uno per l’altra, dell’uomo e della donna. Così lo ha pensato il Creatore quando «creò l'uomo a sua immagine […]: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). La coppia umana è perciò la prima e più elementare realizzazione della comunione d’amore che è la Trinità.

Anche gli sposi dovrebbero formare una prima persona plurale, un “noi”. Stare l’uno davanti all’altro come un “io” e un “tu”, e stare di fronte al resto del mondo, compresi i figli, come un “noi”. Come è bello sentire una madre che dice ai figli: «Tuo padre ed io…», come disse Maria a Gesù, quando lo ritrovarono dodicenne nel tempio insegnando ai Dottori (cfr Lc 2,48), e sentire un padre che dice: «Tua madre ed io», quasi fossero un unico soggetto. Quanto bisogno hanno i figli di questa unità - papà e mamma insieme -, unità dei genitori e quanto soffrono quando essa viene meno! Quanto soffrono i figli dei padri che si separano, quanto soffrono!

Per corrispondere a questa vocazione, però, il matrimonio ha bisogno del sostegno di Colui che è il Dono, anzi il donarsi per eccellenza. Dove entra lo Spirito Santo la capacità di donarsi rinasce. Alcuni Padri della Chiesa hanno affermato che, essendo il dono reciproco del Padre e del Figlio nella Trinità, lo Spirito Santo è anche la ragione della gioia che regna tra essi, e non hanno avuto paura di usare, parlandone, l’immagine di gesti propri della vita coniugale, quali il bacio e l’abbraccio [3].

Nessuno dice che tale unità sia un traguardo facile, meno che meno nel mondo d’oggi; ma questa è la verità delle cose come le ha pensate il Creatore ed è perciò nella loro natura. Certo, può sembrare più facile e più sbrigativo costruire sulla sabbia che non sulla roccia; ma Gesù ci dice qual è il risultato (cfr Mt 7,24-27). In questo caso, poi, non abbiamo bisogno neppure della parabola, perché le conseguenze dei matrimoni costruiti sulla sabbia sono, purtroppo, sotto gli occhi di tutti e a farne le spese sono soprattutto i figli. I figli soffrono la separazione o la mancanza di amore dei genitori! Di tanti sposi si deve ripetere quello che Maria disse a Gesù, a Cana di Galilea: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Lo Spirito Santo è colui che continua a fare, sul piano spirituale, il miracolo che fece Gesù in quella occasione, e cioè cambiare l’acqua dell’abitudine in una nuova gioia di stare insieme. Non è una pia illusione: è ciò che lo Spirito Santo ha fatto in tanti matrimoni, quando gli sposi si sono decisi a invocarlo.

Non sarebbe male, perciò se, accanto alle informazioni di natura giuridica, psicologica e morale che si danno, nella preparazione dei fidanzati al matrimonio si approfondisse questa preparazione “spirituale”, lo Spirito Santo che fa l’unità. “Tra moglie e marito non mettere il dito”, dice un proverbio italiano. C’è invece un “dito” da mettere tra moglie e marito, ed è proprio il “dito di Dio”: cioè lo Spirito Santo!

Papa Francesco