Sabato 20 Aprile 2024
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Araldi e Araldini

ARALDO / ARALDINO: PERCHE'?

Nella grande famiglia francescana c'è un posto anche per te, che i grandi chiamano piccolo, perché anche per te c'è un cammino meraviglioso da percorrere con Francesco e Chiara d'Assisi! CHI SONO FRANCESCO E CHIARA? Francesco, un giovane di Assisi vissuto tanto tempo fa. Ha voluto bene al sole, alla terra, agli uomini e alle donne, piccoli e grandi; ai poveri, ai lebbrosi… in tutti vedeva il volto del Signore Gesù… Chiara, una ragazza di Assisi che volle essere come Francesco… Quando lo sentiva parlare e vedeva quello che faceva le sembrava che meglio di così non si poteva essere cristiani…

Attorno a Francesco e Chiara d'Assisi si riunirono molti uomini e donne che volevano vivere il Vangelo come lo vivevano loro. Anche le famiglie volevano essere come loro. Per le famiglie Francesco inventò una nuova forma di vivere il Vangelo, pur rimanendo nelle loro case con i loro figli. Nacque la grande famiglia francescana secolare composta da uomini e donne di ogni età, anche piccoli come te. Questi formano due gruppi speciali che si chiamano: Araldini e Araldi.


CHE VUOL DIRE QUESTA PAROLA?

"Araldo" al tempo di Francesco e Chiara d'Assisi era il banditore, colui che annunziava per la città gli eventi più importanti… Francesco si definiva "Araldo del gran Re"… araldo di Dio. Annunziava: Altissimu omnipotente bon Signore, Tue so le laude, la gloria e l'onore et onne benedizione!...

I francescani più piccoli, che vogliono essere come lui si chiamano Araldini e quelli più grandicelli Araldi!

Dei fratelli e delle sorelle maggiori ti mostreranno il cammino e gioiosamente cantando, giocando, riflettendo e pregando, conoscerai quel formidabile amico che è Francesco d'Assisi e con lui capirai meglio Gesù e il suo Vangelo! Come giorno dopo giorno crescerai in età e statura, così, passo dopo passo, farai tanta strada e ti accorgerai di spendere la tua vita per cose importanti e che rendono felici sul serio!


Quando sarai più grande continuerai il tuo cammino francescano in altro modo.





ARALDINI (8-11 ANNI)... CHI SONO... COSA FANNO?

Gli Araldini rappresentano una parte importante della famiglia francescana: è il primo passo da compiere, per iniziare a comprendere e vivere i valori che san Francesco con la sua vita ha voluto lasciarci.

Non è mai troppo tardi per entrare nella famiglia francescana, lo si può fare anche a 100 anni, ma crescere dalla tenera età nel contesto francescano attraverso il gruppo Araldini, aiuta ad interiorizzarne ogni aspetto.

L'impegno degli animatori infatti, sta proprio in questo: trovare il modo per poter impostare le attività (anche quelle di gioco), in maniera da trasmettere attraverso di esse un messaggio francescano. Lo scopo principale è quello di aiutare i bambini a crescere imparando a convivere pacificamente, a non giudicare, a perdonare, a vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo.

Importantissima a questo proposito, è la Promessa, rinnovata ogni anno, davanti a tutta la comunità. I bambini chiedono al frate che li accoglie durante la piccola celebrazione, di appartenere al gruppo degli Araldini per servire fedelmente Gesù Cristo.

Quando il bambino o la bambina fa la Promessa si consegna a lui o lei il fazzoletto col nome del Gruppo e il disegno del Tau.




ARALDI (12-13 anni)

Di per sé gli Araldi avrebbero un cammino molto diverso e farebbero gruppo a sé, distinto dagli Araldini: è la tappa successiva del cammino francescano dei bambini, a cui passano quando giungono all'età di 12 anni.


Ma poiché noi, iniziando ora, abbiamo pochi bambini in questa fascia di età, e poiché non abbiamo per ora le forze di mandare avanti due gruppi distinti, per quest'anno li terremo insieme al Gruppo degli Araldini.


Cureremo però con molta attenzione di far fare a questi più grandini qualcosa di diverso perché non si sentano a disagio coi piccoli; daremo loro motivazioni, ruoli, incarichi diversi, e cercheremo di farli partecipare alle attività organizzate in modo diverso o - in certi casi - cercheremo un'attività parallela. Stiamo cercando di organizzare per chi vuole di loro anche un corso di chitarra, speriamo di trovare chi ci aiuta.


Per diversificare anche il segno esterno di appartenenza faremo un segno particolare in più sul fazzoletto colorato del Gruppo, che si consegna per la promessa.



 

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Messaggio Cristiano
Udienza Generale, 17 Aprile 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 15. La temperanza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò della quarta e ultima virtù cardinale: la temperanza. Con le altre tre, questa virtù condivide una storia che risale molto indietro nel tempo e che non appartiene ai soli cristiani. Per i greci la pratica delle virtù aveva come obbiettivo la felicità. Il filosofo Aristotele scrive il suo più importante trattato di etica indirizzandolo al figlio Nicomaco, per istruirlo nell’arte del vivere. Perché tutti cerchiamo la felicità eppure così pochi la raggiungono? Questa è la domanda. Per rispondere ad essa Aristotele affronta il tema delle virtù, tra le quali ha uno spazio di rilievo la enkráteia, cioè la temperanza. Il termine greco significa letteralmente “potere su sé stessi”. La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati». «Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore» (n. 1809).

Dunque, la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice. Capite la differenza? Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare.

Anche con i piaceri, la persona temperante agisce con giudizio. Il libero corso delle pulsioni e la totale licenza accordata ai piaceri, finiscono per ritorcersi contro noi stessi, facendoci precipitare in uno stato di noia. Quanta gente che ha voluto provare tutto con voracità si è ritrovata a perdere il gusto di ogni cosa! Meglio allora cercare la giusta misura: ad esempio, per apprezzare un buon vino, assaporarlo a piccoli sorsi è meglio che ingurgitarlo tutto d’un fiato. Tutti sappiamo questo.

La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli.

Se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male. In certi casi, il temperante riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse. Dimostra empatia.

Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara. Tutto, infatti, nel nostro mondo spinge all’eccesso. Invece la temperanza si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri.

Fratelli e sorelle, non è vero che la temperanza rende grigi e privi di gioie. Anzi, fa gustare meglio i beni della vita: lo stare insieme a tavola, la tenerezza di certe amicizie, la confidenza con le persone sagge, lo stupore per le bellezze del creato. La felicità con la temperanza è letizia che fiorisce nel cuore di chi riconosce e dà valore a ciò che più conta nella vita. Preghiamo il Signore perché ci dia questo dono: il dono della maturità, della maturità dell’età, della maturità affettiva, della maturità sociale. Il dono della temperanza.

Papa Francesco