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Aneddoti di vita

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Storie di tartarughe marine Careta Careta

Storia 1

Guardo assai spesso la trasmissione chiamata GEO che RAI3 propone ogni pomeriggio, dove vengono trattati argomenti legati alla natura. Alcuni giorni fa tra i vari soggetti trattati ne avevano proposto uno in diretta live, consistente nella liberazione in mare di due tartarughe marine appartenenti alla famiglia Careta Careta. Era stato uno spettacolo coinvolgente e commovente nello stesso tempo vedere queste due creature quasi impazzite dalla gioia mentre le lasciavano andare totalmente libere in alto mare. Ebbene, tale evento m’aveva portato con la memoria ad un analogo fatto che mi aveva coinvolto in prima persona quando ero adolescente. Eravamo nella metà degli anni sessanta. Era estate ed abitavo in via F. Turati a Savona. Ricordo che all’epoca in quella via erano presenti quasi tutti i principali esercizi commerciali, atti a dare al quartiere una sorta di autonomia dal punto di vista alimentare. C’era una latteria, una panetteria, un negozio di prodotti agricoli, uno di alimentari in senso generale, una pescheria, un bar, ecc. ecc. ecc. La pescheria era gestita da conoscenti con i quali ero in confidenza e l’evento del quale vado a raccontare ebbe luogo in una giornata d’estate molto calda ed assolata. Ricordo che i gestori della pescheria, forse per richiamare l’attenzione dei clienti, stavano tenendo da un paio di giorni una tartaruga marina viva entro una tinozza in acciaio zincato con un pochino di acqua dentro. Un mattino, nel vedere per l’ennesima volta quella creatura tenuta in modo a dir poco inumano, m’ero rivolto ai gestori della pescheria dicendo loro: perché non liberate quella bestiola evitandole tante sofferenze? Mi rispose la titolare dell’esercizio: puoi portarla via quando vuoi perché a noi è d’intralcio. Non me lo feci ripetere due volte; immediatamente presi la creatura, tenendola con una mano sotto il ventre e l’altra sulla testa per evitarle un’insolazione e la portai velocemente dove ero solito andare al mare, cioè ai bagni della Madonnetta, quei bagni molto chiacchierati in epoche recenti in quanto diventati “oggetto del desiderio” da parte di taluni gruppi legati sia all’imprenditoria portuale, sia a quella edilizia. Giunto nei bagni, coadiuvato dal mio futuro suocero, mediante l’uso di un moscone portammo la tartaruga di mare a qualche centinaio di metri da riva e la lasciammo andare. Impressionante fu la sua reazione quando realizzò che era prossima alla liberazione. Era in un movimento continuo ed in uno stato di agitazione estrema. Ricordo ancora che appena immersa nell’acqua quella creatura cominciò a muoversi in maniera forsennata. Scendeva e risaliva; scendeva di nuovo e di nuovo risaliva. Innumerevoli volte. Chissà! Forse avrà agito in tale modo con l’intento di ringraziarci. Mi da un senso di sollievo credere ad una simile eventualità!

 

Storia 2

Sempre bagni Madonnetta, sempre tartarughe di mare. Rammento che quel pomeriggio di venticinque anni fa, fine anni novanta, assieme a mia moglie stavo facendo il bagno in prossimità dello scoglio della Madonnetta, appunto. Mare bellissimo, calmo, acqua limpida e sufficientemente calda. Condizioni ideali per praticare un po’ di immersioni in apnea. (oggi in omaggio a Sua Maestà la Regina si dice “diving”). Rammento che stavo osservando il fondale dove la profondità massima era compresa tra i quattro ed i cinque metri. Mentre ero intento a ciò, mi apparve all’improvviso la sagoma inconfondibile di una tartaruga marina Careta Careta, intenta a brucare le alghe. Non s’era accorta della mia presenza ed io, desideroso di poterla toccare, senza esitazione ero sceso velocemente nella speranza di poterla prendere. S’accorse della mia presenza solo all’ultimo quando, con un repentino scarto, cercò di sfuggirmi. Inutilmente! Vittorioso l’agguantai con ambo le mani per il carapace e la portai in superficie per farla vedere a mia moglie. Era un bellissimo esemplare e neppure piccolo. Era stata una soddisfazione immensa poterla toccare, ammirare, contemplare. Ricordo che chiamai mia moglie per farle ammirare la meravigliosa creatura. Ce la godemmo per qualche minuto, ce la coccolammo un po’ ed infine la lasciammo, libera di ritornare nel suo mondo dal quale, per qualche istante l’avevamo allontanata.

 


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 Ballata nei paesi innevati
 Le bellezze dell'inverno
 L'arte e la pazienza con il ghiaccio

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, 26 Giugno 2024


Catechesi in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi si celebra la Giornata Mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1987. Il tema di quest’anno è Le prove sono chiare: bisogna investire nella prevenzione.

San Giovanni Paolo II ha affermato che «l’abuso di droga impoverisce ogni comunità in cui è presente. Diminuisce la forza umana e la fibra morale. Mina i valori stimati. Distrugge la voglia di vivere e di contribuire a una società migliore». [1] Questo fa l’abuso di droga e l’uso di droga. Ricordiamo però, al tempo stesso, che ogni tossicodipendente «porta con sé una storia personale diversa, che deve essere ascoltata, compresa, amata e, per quanto possibile, guarita e purificata. [...] Continuano ad avere, più che mai, una dignità, in quanto persone che sono figli di Dio». [2] Tutti hanno una dignità.

Non possiamo tuttavia ignorare le intenzioni e le azioni malvagie degli spacciatori e dei trafficanti di droga. Sono degli assassini! Papa Benedetto XVI usò parole severe durante una visita a una comunità terapeutica: «Dico ai trafficanti di droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo». [3] E la droga calpesta la dignità umana.

Una riduzione della dipendenza dalle droghe non si ottiene liberalizzandone il consumo – questa è una fantasia –, come è stato proposto, o già attuato, in alcuni Paesi. Si liberalizza e si consuma di più. Avendo conosciuto tante storie tragiche di tossicodipendenti e delle loro famiglie, sono convinto che è moralmente doveroso porre fine alla produzione e al traffico di queste sostanze pericolose. Quanti trafficanti di morte ci sono – perché i trafficanti di droga sono trafficanti di morte –, spinti dalla logica del potere e del denaro ad ogni costo! E questa piaga, che produce violenza e semina sofferenza e morte, esige dalla società nel suo complesso un atto di coraggio.

La produzione e il traffico di droga hanno un impatto distruttivo anche sulla nostra casa comune. Ad esempio, questo è diventato sempre più evidente nel bacino amazzonico.

Un’altra via prioritaria per contrastare l’abuso e il traffico di droghe è quella della prevenzione, che si fa promuovendo maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita personale e comunitaria, accompagnando chi è in difficoltà e dando speranza nel futuro.

Nei miei viaggi in diverse diocesi e vari Paesi, ho potuto visitare diverse comunità di recupero ispirate dal Vangelo. Esse sono una testimonianza forte e piena di speranza dell’impegno di preti, consacrati e laici di mettere in pratica la parabola del Buon Samaritano. Così pure sono confortato dagli sforzi intrapresi da varie Conferenze episcopali per promuovere legislazioni e politiche giuste riguardo al trattamento delle persone dipendenti dall’uso di droghe e alla prevenzione per fermare questo flagello.

A titolo di esempio, segnalo la rete de La Pastoral Latinoamericana de Acompañamiento y Prevençión de Adicciones (PLAPA). Lo statuto di questa rete riconosce che «la dipendenza da alcol, da sostanze psicoattive e altre forme di dipendenza (pornografia, nuove tecnologie ecc.) … è un problema che ci colpisce indistintamente, al di là delle differenze geografiche, sociali, culturali, religiose e di età. Nonostante le differenze, ... vogliamo organizzarci come una comunità: condividere le esperienze, l’entusiasmo, le difficoltà». [4]

Menziono inoltre i Vescovi dell’Africa Australe, che nel novembre 2023 hanno convocato una riunione sul tema “ Dare potere ai giovani come agenti di pace e speranza”. I rappresentanti dei giovani presenti all’incontro hanno riconosciuto quell’assemblea come una «pietra miliare significativa orientata verso una gioventù sana e attiva in tutta la regione». Hanno inoltre promesso: «Accettiamo il ruolo di ambasciatori e sostenitori della lotta contro l’uso di sostanze stupefacenti. Chiediamo a tutti i giovani di essere sempre empatici gli uni con gli altri». [5]

Cari fratelli e sorelle, di fronte alla tragica situazione della tossicodipendenza di milioni di persone in tutto il mondo, di fronte allo scandalo della produzione e del traffico illecito di tali droghe, «non possiamo essere indifferenti. Il Signore Gesù si è fermato, si è fatto vicino, ha curato le piaghe. Sullo stile della sua prossimità, siamo chiamati anche noi ad agire, a fermarci davanti alle situazioni di fragilità e di dolore, a saper ascoltare il grido della solitudine e dell’angoscia, a chinarci per sollevare e riportare a nuova vita coloro che cadono nella schiavitù della droga». [6] E preghiamo per quei criminali che danno la droga ai giovani: sono criminali, sono assassini! Preghiamo per la loro conversione.

In questa Giornata Mondiale contro la droga, come cristiani e comunità ecclesiali rinnoviamo il nostro impegno di preghiera e di lavoro contro la droga. Grazie!

Papa Francesco