Testimoni del nostro tempo


François-Xavier Nguyên Van Thuân: un antesignano della nuova evangelizzazione

Chiuso il processo diocesano di beatificazione e canonizzazione del cardinale vietnamita

 

 

ROMA, 02 Luglio 2013 (Zenit.org) - Stamattina, presso la sede del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, si è svolta una conferenza stampa in occasione della chiusura del Processo Diocesano della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio CardinaleFrançois-Xavier Nguyên Van Thuân.

 

Per l´occasione è stato anche presentato il volume Lettere Pastorali sulle orme del Concilio Vaticano II scritto da Van Thuân quando era ancora vescovo di Nha Trang.

 

Sono intervenutiil Card. Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace;Mons. Mario Toso, S.D.B., Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e il Postulatore della Causa,Waldery Hilgeman.

 

Il cardinale Van Thuân è conosciuto per essere stato un uomo di ricca e profonda spiritualità. Fu autore di tanti libri, instancabile predicatore, testimone di una fede eroica e una sconfinata carità. Il porporato si impegnò anche nel redigere il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

 

Nel 1991 Van Thuân venne a Roma dove Papa Giovanni Paolo II lo nominò prima Vice Presidente e poi Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: per questo Mons. Toso ha avuto la possibilità di lavorare con il Servo di Dio.Il cardinaleNguyên Van Thuân muore il 16 settembre 2002 dopo una lunga malattia.

 

L´inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità delCardinaleVan Thuân è iniziata il 22 ottobre 2010. In poco più di due anni e mezzo, il Tribunale del Vicariato di Roma ha concluso la causa.

 

Tra circa 120 cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi, familiari, laici e anche da membri della Commissione storica, il Tribunale Ordinario della Diocesi di Roma ha interrogato numerosi testimoni sul lavoro diCardinaleVan Thuân. I testimoni provengono da diversi paesi e considerano la fama di santità del Servo di Dio diffusa in tutti i continenti. In totale, il Tribunale Diocesano ha raccolto circa 1.650 pagine di testimonianze.

 

Durante il processo diocesano anche il lavoro della Commissione Storica, nominata dal Cardinale Vicario di Roma, è risultata fondamentale. Sono stati raccolti tutti gli scritti del Servo di Dio ancora inediti, come tutti i singoli documenti storici riguardanti in qualche modo la causa. Sono state registrate ben 10.974 pagine di documenti, divise in undici volumi e consegnate al Tribunale Diocesano.

 

Il Postulatore della Causa, di cui Waldery Hilgeman è il presidente, ha lavorato anche con un architetto per poter procedere con la"tumulazione privilegiata"del Servo di Dio. Ciò è avvenuto il 8 giugno 2012 nella chiesa di Santa Maria della Scala, di cui lo stesso Van Thuân era titolare.

 

La chiusura del processo avrà luogo il prossimo fine settimana, il 5 e 6 luglio a Roma. Vi si sarà anche una Celebrazione Eucaristica presso la Basilica di Sant´Antonio in Via Merulana; una Solenne Sessione di chiusura del Processo Diocesano del Servo Dio Card. Van Thuân nel Palazzo del Vicariato, preseduta dal Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, e una presentazione delle volume Lettere Pastorali sulle orme del Concilio Vaticano II del Card. Van Thuân. Per il secondo giorno è prevista un´Udienza con il Santo Padre e una Celebrazione Eucaristica di Ringraziamento presso la Chiesa di Santa Maria della Scala.

 

Fine ad oggi, per le due giornate, è stata stimata la presenza di circa 500 persone, tra familiari, amici, parenti, figli spirituali e devoti del futuro beato.

 

Nel suo intervento, Hilgeman ha riferito di alcuni casi di presunti miracoli avvenuti per intercessione del CardinaleVan Thuân. In seguito al processo diocesano e alla consultazione dei medici, per questi miracoli si intraprenderà la procedura canonica per l´avvio del cosiddetto processo "super miro".

 

Le sei Lettere pastorali che saranno anche presentato durante il fine settimana successivo, sono state scritte dalcardinale Van Thuân tra il 1968 e il 1973. Già pubblicate nel 1996 in lingua vietnamita, la Libreria Editrice Vaticana e il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace offrono la traduzione italiana con la precisazione in nota di alcune fonti.

 

Il giovane Vescovo scrisse queste lettere per il suo popolo e"cercava di fondare solidamente la loro fede nella memoria degli umili inizi del cristianesimo in terra vietnamita e dei sacrifici eroici sopportati dai primi fedeli della Chiesa locale", ha spiegato il Cardinale Turkson nel suo intervento.

 

Secondo il porporato, queste lettere testimoniano lo spirito conciliare che animava il pastore Van Thuân nel suo ministero a Nha Trang. Nel volume accadono quattro prospettive che rispecchiano chiaramente tale spirito: la Chiesa nel mondo; un laicato attico nella Chiesa e nella società; la difesa della dignità umana illuminata dalla fede e la prospettiva dialogica aperta e riconciliatrice. Secondo Card. Turkson, queste prospettive si evolvono in una prassi pastorale che verrà successivamente denominata "Nuova Evangelizzazione".



 

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Messaggio Cristiano
SANTA MESSA NEL IX GIORNO DEI NOVENDIALI - Basilica di San Pietro Domenica, 4 maggio 2025

OMELIA del CARDINALE DOMINIQUE MAMBERTI

Venerati Padri Cardinali,
cari fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

La Liturgia della Paola di questa ultima novendiale in suffragio di Papa Francesco è quella del giorno, la terza domenica di Pasqua e la pagina del Vangelo di Giovanni appena proclamata ci presenta l’incontro di Gesù risuscitato con alcuni Apostoli e discepoli presso il mare di Tiberiade, che si conclude con la Missione affidata a Pietro dal Signore e il commando di Gesù, “seguimi !”

L’episodio rammenta quello della prima pesca miracolosa, narrato da Luca, quando Gesù aveva chiamato Simone, Giacomo e Giovanni, annunciando a Simone che sarebbe diventato pescatore di uomini. Da quel momento, Pietro l’aveva seguito, a volte nell’incomprensione e perfino nel tradimento, ma nell’incontro di oggi, ultimo prima del ritorno di Cristo presso il Padre, Pietro riceve da lui il compito di pascere il suo gregge.

L’amore è la parola chiave di questa pagina evangelica. Il primo a riconoscere Gesù è “il discepolo che Gesù amava”, Giovanni, che esclama “è il Signore!”, e Pietro subito si getta in mare per raggiungere il Maestro. Dopo che avessero condiviso il cibo, ciò che avrà acceso nel cuore degli Apostoli il ricordo dell’ultima cena, inizia il dialogo tra Gesù e Pietro, la triplice domanda del Signore e la triplice risposta di Pietro.

Le due prime volte, Gesù adopera il verbo amare, parola forte, mentre Pietro, memore del tradimento risponde con l’espressione “voler bene”, meno impegnativa e la terza volta Gesù stesso usa l’espressione voler bene, adeguandosi alla debolezza dell’Apostolo. Notava Papa Benedetto XVI commentando questo dialogo. “Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace. (…) È proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. (…) Da quel giorno Pietro ha “seguito” il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto (…) e mostra così anche a noi la via”. [1]

Nell’omelia della Messa per il XXV anniversario del suo Pontificato, San Giovanni Paolo II confidava: “Oggi, cari fratelli e sorelle, mi è gradito condividere con voi un’esperienza che si prolunga ormai da un quarto di secolo. Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro. Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" ( Gv 21,17). E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato.” [2]

Questa Missione è l’amore stesso, che si fa servizio alla Chiesa e a tutta l’umanità. Pietro e gli Apostoli l’hanno assunta subito, con la forza dello Spirito che avevano ricevuto alla Pentecoste, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: “Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri Padri ha risuscitato Gesù che voi avete ucciso appendendolo ad una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra, come capo e Salvatore”.

Abbiamo tutti ammirato quanto Papa Francesco, animato dall’amore del Signore e portato dalla Sua grazia, sia stato fedele alla sua Missione fino all’estremo consumo delle sue forze. Ha ammonito i potenti che bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini e ha proclamato all’umanità intera la gioia del Vangelo, il Padre Misericordioso, Cristo Salvatore. L’ha fatto nel suo Magistero, nei suoi viaggi, nei suoi gesti, nel suo stile di vita. Ero vicino a lui il giorno di Pasqua, alla loggia delle benedizioni di questa Basilica, testimone della sua sofferenza, ma soprattutto del suo coraggio e della sua determinazione di servire il Popolo di Dio fino alla fine.

Nella seconda Lettura, tratta dal Libro dell’Apocalisse, abbiamo ascoltato la lode che tutto l’universo rivolge a Colui che siede sul trono e all’Agnello: “lode, onore, gloria e potenza,nei secoli dei secoli”. E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione”.

L’adorazione è una dimensione essenziale della missione della Chiesa e della vita dei fedeli. Papa Francesco lo ricordava spesso, come per esempio nell’ omelia per la festa dell’Epifania dell’anno scorso: “I Magi hanno il cuore prostrato in adorazione. (…) Essi arrivarono a Betlemme e, quando videro il Bambino, ‘si prostrarono e lo adorarono’ ( Mt 2,11). (…) Un re che è venuto a servirci, un Dio che si è fatto uomo. Dinanzi a questo mistero, siamo chiamati a piegare il cuore e le ginocchia per adorare: adorare il Dio che viene nella piccolezza, che abita la normalità delle nostre case, che muore per amore. (…) Fratelli e sorelle, abbiamo perso l’abitudine di adorare, abbiamo perso questa capacità che ci dà l’adorazione. Riscopriamo il gusto della preghiera di adorazione. (…). Manca l’adorazione oggi tra noi.” [3]

Questa capacità che dà l’adorazione non era difficile da riconoscere in Papa Francesco. La sua intensa vita pastorale, i suoi innumerevoli incontri, erano fondati sui lunghi momenti di preghiera che la disciplina ignaziana aveva improntato in lui. Tante volte ci ha ricordato che la contemplazione è “un dinamismo d’amore” che ”ci eleva a Dio non per staccarci dalla terra, ma per farcela abitare in profondità.” [4] E tutto quanto egli faceva, lo faceva sotto lo sguardo di Maria. Ci rimarranno nella memoria e nel cuore le sue centoventisei soste davanti alla Salus Populi Romani. E ora che riposa vicino all’amata Immagine, lo affidiamo con gratitudine e fiducia all’intercessione della Madre del Signore e Madre nostra.

[1] Udienza generale del 24 maggio 2006.

[2] Omelia della S. Messa del 16 ottobre 2003.

[3] Omelia della S. Messa del 6 gennaio 2024.

[4] Udienza alle Delegate delle Carmelitane Scalze, 18 aprile 2024.