Cronaca Bianca


"Con l´incontro Francesco-Kirill si realizza il sogno di Giovanni Paolo II"

Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per la Russia, commenta lo storico evento

 

Patriarch_Kirill_of_Moscow

 

“Qui a Mosca vi è stata una risposta estremamente positiva all’annuncio dell’incontro, anche da parte dei media locali. Su Pervyj kanal, la principale emittente televisiva del paese, vengono trasmesse costantemente immagini di Papa Francesco”. Con queste parole Petr Humeniuk, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i progetti nella Federazione russa, ha commentato la reazione nel paese al prossimo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill.

 

La Fondazione pontificia sostiene in Russia sia la Chiesa cattolica che quella ortodossa e al tempo stesso finanzia progetti atti a promuovere il dialogo ecumenico. È stato Giovanni Paolo II a chiedere al fondatore di ACS, padre Werenfried van Straaten, di realizzare progetti anche a sostegno della Chiesa ortodossa russa. Un aiuto, iniziato nei primi anni Novanta e mai interrotto, che ha contribuito ad un avvicinamento tra Roma e Mosca.

 

“Questo incontro è per noi un ulteriore incentivo a continuare nella stessa direzione che seguiamo ormai da 25 anni – prosegue il responsabile ACS per la Russia -. Al tempo stesso vogliamo cercare nuove forme di collaborazione, sulla base dei nuovi orizzonti che si apriranno dopo il 12 febbraio e che riguardano da vicino entrambe le Chiese sorelle. Ad esempio la battaglia contro la persecuzione anticristiana e quella in difesa della famiglia”.

 

Secondo Humeniuk, che frequenta assiduamente la Federazione Russa ed ha stretti contatti con i rappresentanti locali di entrambe le Chiese, il motivo dell’improvvisa accelerazione nei tempi di organizzazione dell’incontro è stata proprio la situazione dei cristiani in Medio Oriente, come confermano le recenti dichiarazioni del Metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca.

 

“In una conferenza nella capitale russa – spiega il responsabile ACS – Hilarion ha parlato apertamente di genocidio dei cristiani in Medio Oriente e in Africa centrale ed ha espresso la necessità di una maggiore cooperazione tra le Chiese cristiane”.

 

Humeniuk ha avuto modo di seguire da vicino il processo che ha portato alla realizzazione del colloquio tra Papa Francesco e Kirill. “Si realizza un sogno che già Giovanni Paolo II aveva a cuore. Ci sono voluti molti anni e molto lavoro per realizzare questo evento, ma l’incontro non è mai stato in forse. Ogni volta che ne abbiamo parlato Hilarion mi ha sempre detto che la data si avvicinava ogni giorno di più”, conclude poi il responsabile ACS per la Russia.

 

Papa e Kirill

 

È un nuovo capitolo di storia quello che si scriverà il prossimo 12 febbraio, quando Papa Francesco incontrerà il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill a L’Avana, Cuba. Un incontro storico che era nel cuore di Benedetto XVI ma ancora prima di Giovanni Paolo II, senza però mai realizzarsi.

 

Ad annunciarlo, questa mattina, padre Federico Lombardi in Sala Stampa vaticana leggendo un comunicato congiunto della Santa Sede e del Patriarcato di Mosca, in cui si annuncia che: “Per grazia di Dio, Sua Santità Papa Francesco e Sua Santità, si incontreranno il 12 febbraio”. 

 

L’evento avrà luogo a Cuba, un “territorio neutro” – ha sottolineato Lombardi – dove il Papa farà scalo prima del suo viaggio in Messico, e dove il Patriarca sarà in visita ufficiale, invitato da Raul Castro nel maggio dello scorso anno, durante la sua visita a Mosca. Visita dopo la quale Kirill fece tappa a Roma e incontrò il Pontefice, dichiarando poco dopo alla stampa: “Se continua così potrei tornare alla religione cattolica”.

 

Non è chiaro se e quale ruolo abbia rivestito Castro per l’incontro; ciò che è certo è che l’appuntamento tra il Vescovo di Roma e il Vescovo della cosiddetta “terza Roma” (la seconda è Costantinopoli), comprenderà un colloquio personale presso una sala privata dell’aeroporto internazionale José Martí dell’Avana, e si concluderà con la firma di una dichiarazione comune. In programma anche uno scambio dei doni, al quale sarà presente Castro, e due brevi discorsi del Papa e del Patriarca.

 

“Non si tratta di testi con discorsi lunghi preparati”, ha spiegato Lombardi, “ma saranno espressione personale dei sentimenti per questa bellissima occasione”. Il portavoce vaticano ha inoltre ricordato ai giornalisti che “questo incontro dei Primati della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa è stato preparato da lungo tempo, almeno due anni; sarà il primo nella storia e segnerà una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese”.

 

Nel comunicato congiunto si legge infatti: “La Santa Sede e il Patriarcato di Mosca auspicano che sia anche un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà. Invitano tutti i cristiani a pregare con fervore affinché Dio benedica questo incontro, che possa produrre buoni frutti”.

 

Secondo il programma, il colloquio tra Francesco e Kirill durerà un paio d’ore: dalle 14.20 fino alle 16. Come in un flashback, Raul Castro sarà ai piedi della scala dell’aereo papale per accogliere il Santo Padre sulla pista dell’aeroporto. Il presidente cubano accompagnerà poi Bergoglio nella sala privata per il colloquio – alla presenza di due interpreti da russo e spagnolo – con il Patriarca, che giungerà invece a Cuba l’11 febbraio.

 

Castro resterà fuori la porta per poi rientrare al momento dello scambio dei doni, della presentazione delle delegazioni e della firma dell’importante documento che sarà poi reso pubblico in diverse lingue. Un testo “ampio”, ha detto padre Lombardi, che secondo le prima dichiarazioni del portavoce della Chiesa ortodossa verterà principalmente sul tema della persecuzione dei cristiani nel mondo.

 

Il tutto dovrebbe esaurirsi in tre ore, al termine delle quali Castro riaccompagnerà il Papa all’aereo con il quale raggiungerà Città del Messico “nell’orario previsto”. L’incontro con Kirill, infatti, “non intaccherà minimamente il programma del Papa in Messico” ha spiegato Lombardi, sottolineando che la scelta di tenerlo a Cuba è nata, oltre che da esigenze logistiche, anche dal fatto che si trattasse di un luogo “neutro”, ma “significativo per le due parti”. L’isola caraibica, di fatto, oltre ad essere “un crocevia nel mondo di oggi e nei suoi sviluppi”, è anche “un luogo ben conosciuto alla Chiesa Ortodossa Russa ma anche alla Santa Sede”, dopo le visite di tre Papi dal 1998 a oggi (l’ultima di Francesco nel settembre 2014). 

 

Grande gioia per la notizia è stata espressa dal patriarca ecumenico Bartolomeo I che, appena informato, “ha manifestato la sua soddisfazione per questo abbraccio tra il capo della Chiesa cattolica e quello della comunità ortodossa più numerosa del mondo”. Si conta infatti – anche secondo gli ultimi dati del Cesnur – che da Mosca dipendano circa due terzi degli oltre 200 milioni di ortodossi nel mondo.

 

Dell’importanza di questo evento “si potrebbe parlare per ore” ha aggiunto poi Lombardi, ricordando come questo incontro “non è improvvisato”, ma “preparato da lungo tempo”. Da due anni circa dopo l’elezione di Bergoglio, anche se è da decenni che si lavora “per maturare possibilità concrete affinché questo avvenisse”.

 

Da quando, cioè, Giovanni Paolo II espresse come “sogno nel cassetto”, dopo il viaggio in Cina, di abbracciare il capo della Chiesa ortodossa russa. All’epoca di Wojtyla si era pensato anche di organizzare l’appuntamento in capitali europee “neutre” (tipo Vienna o Budapest), ha detto Lombardi; ma questo non avvenne mai anche perché alla base degli impedimenti c’erano alcune questioni spinose.

 

Prima fra tutte quella dell’uniatismo. È questa la denominazione comunemente usata per indicare le Chiese dell’Oriente europeo tornate in comunione con la Chiesa cattolica di Roma, tra il XV ed il XVI secolo, dette per questo motivo anche Chiese greco-cattoliche, proprio ad indicare la compresenza di obbedienza al Vescovo di Roma e l’utilizzo del rito di tradizione greca e costantinopolitana.

 

Sul tema Papa Bergoglio era già intervenuto rispondendo ad una domanda del corrispondente dell’agenzia russa Tass, durante il volo di ritorno da Istanbul nel novembre 2014. “Le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero”, aveva detto il Santo Padre, “ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada”. E se ora l’incontro si farà “evidentemente sui diversi punti sono stati maturati i termini giusti”, ha evidenziato padre Lombardi.

 

Nella succitata conferenza stampa, Papa Francesco aveva inoltre già paventato l’ipotesi di un incontro con Kirill. “Io – aveva dichiarato – gli ho fatto sapere e anche lui è d’accordo, c’è la volontà di trovarci. Gli ho detto: io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo. E anche lui ha la stessa volontà”. “In questi ultimi tempi, con il problema della guerra (in Ucraina ndr), il poveretto ha tanti problemi lì, che il viaggio e l’incontro con il papa è passato in secondo piano”, aveva aggiunto il Pontefice,  “ma tutti e due vogliamo incontrarci e vogliamo andare avanti”. Un desiderio che oggi si realizza.

 

E a chi domandava la possibilità di una visita del Papa a Mosca, padre Lombardi ha risposto lapidario: “È la prima volta dopo secoli che il Papa incontra il Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Io credo che la notizia sia abbastanza grossa, non ci erano riusciti per moltissimo tempo… Quindi prendiamo il nuovo, il bello e grande che c’è. Una volta che l’incontro si sarà svolto iniziamo a pensare al resto. Diamo tempo al tempo, lasciamo fare alla storia i passi necessari”.

 

 

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

29 ottobre 2015

Intervista al Patriarca Bartolomeo I

 

 

 

 

 

Il video integrale dell’intervista rilasciata da Patriarca ecumenico di Costantinopoli dopo il conferimento del dottorato h.c. dall’Istituto Universiario Sophia a Loppiano.

 

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALL'ARCIVESCOVO DI FIRENZE, 
GRAN CANCELLIERE DELL'ISTITUTO UNIVERSITARIO “SOPHIA”, 
IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DEL DOTTORATO “HONORIS CAUSA” 
AL PATRIARCA ECUMENICO

SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I

(Patriarca di Costantinopoli)

 

Em.mo 
Sig. Card. Giuseppe Betori 
Arcivescovo di Firenze 
Gran Cancelliere dell’Istituto Universitario “Sophia”

 

In occasione del conferimento del Dottorato honoris causa in “Cultura dell’Unità” a Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, da parte dell’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano, desidero assicurare la mia spirituale vicinanza e porgere un cordiale saluto a tutti i presenti.

 

Rivolgo un ricordo particolare all’amato fratello Bartolomeo, al quale rinnovo sentimenti di viva stima e di sentito apprezzamento, rallegrandomi per la presente iniziativa che, oltre a costituire un doveroso riconoscimento per il suo impegno nella promozione della cultura dell’unità, contribuisce favorevolmente al cammino comune delle nostre Chiese verso la piena e visibile unità, alla quale tendiamo con dedizione e perseveranza.

 

Nell’auspicare che l’Istituto Universitario “Sophia”, seguendo il carisma proprio del Movimento dei Focolari e aperto all’azione dello Spirito, continui a essere un luogo d’incontro e di dialogo tra culture e religioni diverse, assicuro il mio orante ricordo e, mentre chiedo di pregare per me, invio a tutti i presenti la mia Benedizione.

 

Franciscus PP

 

 

Dall’Istituto Universitario Sophia «per il suo servizio all’unità della famiglia umana»

 

Verrà assegnato al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, il primo dottorato h.c. in Cultura dell’unità dell’Istituto Universitario Sophia, il giovane centro accademico con sede a Loppiano (Firenze) fondato da Chiara Lubich per affrontare con pertinenza e incisività la transizione culturale in atto. Il conferimento avrà luogo il 26 ottobre prossimo alle 17.00 all’Auditorium del Centro internazionale dei Focolari.

 

Pioniere del dialogo ecumenico e costruttore di pace, il Patriarca è figura di riferimento nel complesso panorama contemporaneo. D’importanza storica alcune tappe recenti che l’hanno visto protagonista di un cammino d’unità su più fronti: la dichiarazione congiunta con Papa Francesco redatta a conclusione del pellegrinaggio a Gerusalemme, il 25 maggio 2014, in cui hanno sottoscritto l’impegno delle rispettive Chiese “verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, ‘perché siano una sola cosa’”; la sua presenza in Vaticano, l’8 giugno 2014, assieme al Presidente Abu Mazen e al Presidente Shimon Peres, per pregare con il Papa per la pace in Terra santa. Bartolomeo I è anche noto come leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente. Il suo pensiero è stato riportato ampiamente da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’. Il 3 dicembre prossimo, a margine della Conferenza ONU a Parigi sul cambiamento climatico, gli è stata affidata la predicazione nella celebrazione ecumenica per la salvaguardia del Creato presso la cattedrale di Notre-Dame.

 

La motivazione del Dottorato h.c. – «Oggi il mondo ha bisogno di figure che cerchino l’unità della famiglia umana – ha spiegato il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario – «e il Patriarca svolge un’azione costante e illuminata a servizio di una cultura che mira a riportare la fraternità al centro della storia dell’umanità». La motivazione specifica che: «il Patriarca ecumenico di Costantinopoli si è accreditato quale convinto e attivo protagonista nel cammino ecumenico verso la piena unità dei cristiani e nel dialogo tra le persone di diverse religioni e convinzioni, distinguendosi nella promozione della giustizia, della pace, del rispetto dell’ambiente e della natura, in conformità alla visione dell’umanità, della storia e del cosmo custodita e attualizzata dalla tradizione spirituale e teologica dell’Oriente cristiano».

 

Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i Focolari – La storia ha inizio con l’incontro tra il Patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich. «Era il 13 giugno del 1967 – racconta la Lubich –, mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani». Sono stati ventitré gli incontri, tra il 1967 e il 1972, di Athenagoras I con la fondatrice dei Focolari, che è così diventata messaggera tra Papa Paolo VI e il Patriarca. I rapporti sono poi continuati con il suo successore Demetrio I.

 

I contatti con l’attuale Patriarca ecumenico Bartolomeo I sono proseguiti nello stesso spirito di amicizia spirituale. Pochi giorni prima della morte della Lubich (14 marzo 2008) Sua Santità Bartolomeo I le ha fatto visita all’ospedale Gemelli di Roma: «Ho voluto venire qui per portare il saluto mio personale e del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli alla carissima Chiara Lubich, che tanto ha dato e dà con la sua vita alla Chiesa intera. Le ho pure impartito con riconoscenza la mia benedizione. Sono felice di averla incontrata». Due anni dopo ha accolto al Fanar Maria Voce, neoeletta presidente dei Focolari: «Deo gratias per la vostra amicizia, per la vostra visita, per i frutti del vostro Movimento, per la continuazione di quest’opera di Dio che rende gloria al Suo nome».

 

L’attuale evento s’inserisce nella cornice del 50° anniversario della nascita della cittadella di Loppiano e mette un altro tassello al rapporto di stima e collaborazione tra il Patriarcato di Costantinopoli e il Movimento dei Focolari. Sarà possibile seguire l’evento anche in diretta internet su www.loppiano.it

 

Victoria Gómez (+39) 335 7003675 – Benjamim Ferreira (+39) 348 4754063

                

                

 

Giornata di amicizia fra copti e cattolici

 

Il 10 maggio si ricorda l’incontro tra il Vescovo di Roma e il capo della chiesa copta, la più grande chiesa cristiana in Egitto. Una via da percorrere insieme verso l’unità visibile. Il commento di Sherin, focolarina della Chiesa copta.
 
 

PapaFrancesco-PapaTwadrosII (2)10 maggio 2013. Papa Francesco e Papa Tawadros II si incontrano in Vaticano, in ricordo dello storico appuntamento di 40 anni prima tra i loro predecessori, Papa Paolo VI e Papa Shenouda III. Da lì era partita una dichiarazione comune sull’unica fede professata da chiese con tradizioni diverse. «Sono convinto – aveva affermato papa Francesco – che, con la guida dello Spirito Santo, la nostra perseverante preghiera, il nostro dialogo e la volontà di costruire giorno per giorno la comunione nell’amore vicendevole ci consentiranno di porre nuovi e importanti passi verso la piena unità».

 

«Io credo nella diversità nell’unità – aveva dichiarato Papa Tawadros II in un’intervista – Se entro in un giardino in cui i fiori sono tutti rossi e della stessa altezza, è una noia. Invece se entro in un giardino e trovo una rosa rossa, un’altra gialla e una terza bianca e vedo alberi di diversa altezza, questa diversità esprime bellezza e anche forza. Mentre sto seduto con voi, sono ricco dei miei fratelli in Cristo».

 

«Sono parole di chi ha il coraggio d’amare i fratelli – commenta Sherin, focolarina copta – e di accorciare le distanze ed i tempi per una comprensione e condivisione nuova dopo anni di lontananza, permettendo alle due Chiese di intraprendere una via di pace e di fraternità. Non sarà possibile cancellare queste parole della memoria né della storia dell’ecumenismo finché la chiesa godrà un giorno della piena unità dei suoi figli».

 

Quello di maggio 2013 è stato il primo viaggio di Papa Tawadros II dopo la sua elezione, che ha voluto fosse per fare visita al successore di San Pietro, papa Francesco. Era la seconda visita storica del Papa dei Copti al Papa di Roma, accorciando sempre più la distanza fra le due Chiese.

 

ChiesaCopta (4)«È vivo nella mia mente l’incontro di questi due grandi uomini di Dio guidati dallo Spirito Santo a condurre i loro greggi verso l’unica Chiesa, che ci sarà nel tempo di Dio. Il ricordo dell’abbraccio fraterno e dell’amore scambievole visibile fra loro mi invade di una gioia immensa. Festeggio con i fratelli delle due Chiese quest’occasione e con entusiasmo guardo al futuro prossimo e ho fiducia nei passi che ci avvicineranno sempre di più, è una grande gioia per tutta la Chiesa!

 

Questo mi sprona a vivere di più per l’unità, prospettiva che mi ha affascinato anni fa quando ho conosciuto il Movimento dei Focolari, dove ho trovato la “Perla preziosa” del Vangelo per la quale si vende tutto.

 

In focolare, condivido questa vita con sorelle di varie Chiese, dove sperimentiamo la gioia del Risorto, segno di quello che sarà la Chiesa nella piena unità. Nella vita quotidiana preghiamo, lavoriamo, ed anche condividiamo momenti di sofferenza – come diceva Papa Francesco parlando dell’ecumenismo della sofferenza – che ci fanno crescere nell’amore e nel rispetto reciproco, credendo che Gesù sulla Croce ha superato ogni divisione ed ha colmato ogni vuoto. Sono felice di condividere quest’esperienza con tanti altri nel mondo che pregano e vivono affinché quest’unità sia sperimentata e vissuta da tutti».

 

Sherin, Focolare di Sohag (Egitto)

 

 

 



 

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Messaggio Cristiano
INCONTRO CON GLI STUDENTI IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEL MONDO EDUCATIVO - Aula Paolo VI, 30 ottobre 2025

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,
La pace sia con voi!

Cari ragazzi, care ragazze, buongiorno!

Che gioia incontrarvi! Grazie a voi! Ho atteso questo momento con grande emozione: la vostra compagnia, infatti, mi fa ricordare gli anni nei quali insegnavo matematica a giovani vivaci come voi. Vi ringrazio per aver risposto così, per essere qui oggi, per condividere le riflessioni e le speranze che, attraverso di voi, consegno ai nostri amici sparsi in tutto il mondo.

Vorrei cominciare ricordando Pier Giorgio Frassati, uno studente italiano che, come sapete, è stato canonizzato durante quest’anno giubilare. Col suo animo appassionato per Dio e per il prossimo, questo giovane santo coniò due frasi che ripeteva spesso, quasi come un motto, lui diceva: “Vivere senza fede non è vivere, ma vivacchiare” e ancora: “Verso l’alto”. Sono affermazioni molto vere e incoraggianti. Anche a voi, perciò, dico: abbiate l’audacia di vivere in pienezza. Non accontentatevi delle apparenze o delle mode: un’esistenza appiattita su quel che passa non ci soddisfa mai. Invece, ognuno dica nel proprio cuore: “Sogno di più, Signore, ho voglia di più: ispirami tu!”. Questo desiderio è la vostra forza ed esprime bene l’impegno di giovani che progettano una società migliore, della quale non accettano di restare spettatori. Vi incoraggio, perciò, a tendere costantemente “verso l’alto”, accendendo il faro della speranza nelle ore buie della storia. Come sarebbe bello se un giorno la vostra generazione fosse riconosciuta come la “generazione plus”, ricordata per la marcia in più che saprete dare alla Chiesa e al mondo.

Questo, cari ragazzi, non può rimanere il sogno di una persona sola: uniamoci allora per realizzarlo, testimoniando insieme la gioia di credere in Gesù Cristo. Come possiamo riuscirci? La risposta è essenziale: attraverso l’educazione, uno degli strumenti più belli e potenti per cambiare il mondo.

L’amato Papa Francesco, cinque anni fa, ha lanciato il grande progetto del Patto Educativo Globale, e cioè un’alleanza di tutti coloro che, a vario titolo, lavorano nell’ambito dell’educazione e della cultura, per coinvolgere le giovani generazioni in una fraternità universale. Voi, infatti, non siete solo destinatari dell’educazione, ma i suoi protagonisti. Perciò oggi vi chiedo di allearvi per aprire una nuova stagione educativa, nella quale tutti — giovani e adulti — diventiamo credibili testimoni di verità e di pace. Per questo vi dico: siete chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace. Coinvolgete i vostri coetanei nella ricerca della verità e nella coltivazione della pace, esprimendo queste due passioni con la vostra vita, con le parole e con i gesti quotidiani.

In proposito, all’esempio di san Pier Giorgio Frassati unisco una riflessione di san John Henry Newman, un santo studioso, che presto sarà proclamato Dottore della Chiesa. Egli diceva che il sapere si moltiplica quando viene condiviso e che è nella conversazione delle menti che si accende la fiamma della verità. Così la vera pace nasce quando tante vite, come stelle, si uniscono e formano un disegno. Insieme possiamo formare costellazioni educative, che orientano il cammino futuro.

Da ex professore di matematica e fisica, permettetemi di fare con voi qualche calcolo. Avrete l’esame di matematica tra poco forse? Vediamo… Sapete quante stelle ci sono nell’universo osservabile? È un numero impressionante e meraviglioso: un sestilione di stelle – un 1 seguito da 21 zeri! Se le dividessimo tra gli 8 miliardi di abitanti della Terra, ogni uomo avrebbe per sé centinaia di miliardi di stelle. Ad occhio nudo, nelle notti limpide, possiamo scorgerne circa cinquemila. Anche se le stelle sono miliardi di miliardi, vediamo solo le costellazioni più vicine: queste però ci indicano una direzione, come quando si naviga per mare.

Da sempre i viaggiatori hanno trovato la rotta nelle stelle. I marinai seguivano la Stella Polare; i Polinesiani attraversavano l’oceano memorizzando mappe stellari. Secondo i contadini delle Ande, che ho incontrato da missionario in Perù, il cielo è un libro aperto che segna le stagioni della semina, della tosatura, dei cicli della vita. Persino i Magi hanno seguito una stella per arrivare a Betlemme ad adorare Gesù Bambino.

Come loro, anche voi avete stelle-guida: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i buoni amici, bussole per non perdervi nelle vicende liete e tristi della vita. Come loro, siete chiamati a diventare a vostra volta luminosi testimoni per chi vi sta accanto. Ma, come dicevo, una stella da sola resta un punto isolato. Quando si unisce alle altre, invece, forma una costellazione, come la Croce del Sud. Così siete voi: ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro. L’educazione unisce le persone in comunità vive e organizza le idee in costellazioni di senso. Come scrive il profeta Daniele, «quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno» (Dn 12,3): che meraviglia: siamo stelle, sì, perché siamo scintille di Dio. Educare significa coltivare questo dono.

L’educazione, infatti, ci insegna a guardare in alto, sempre più in alto. Quando Galileo Galilei puntò il cannocchiale al cielo, scoprì mondi nuovi: le lune di Giove, le montagne della Luna. Così è l’educazione: un cannocchiale che vi permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non vedreste. Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini: guardate al Cielo, guardate verso l’alto.

Cari giovani, voi stessi avete suggerito la prima delle nuove sfide che ci impegnano nel nostro Patto Educativo Globale, esprimendo un desiderio forte e chiaro; avete detto: “Aiutateci nell’educazione alla vita interiore.” Sono rimasto veramente colpito da questa richiesta. Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono. Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore: anche a voi sarà capitato di percepire quella sensazione di vuoto, di inquietudine che non lascia in pace. Nei casi più gravi, assistiamo a episodi di disagio, violenza, bullismo, sopraffazione, persino a giovani che si isolano e non vogliono più rapportarsi con gli altri. Penso che dietro a queste sofferenze ci sia anche il vuoto scavato da una società incapace di educare la dimensione spirituale, non solo tecnica, sociale e morale della persona umana.

Da giovane, sant’Agostino era un ragazzo brillante, ma profondamente insoddisfatto, come leggiamo nella sua autobiografia, Le Confessioni. Egli cercava dappertutto, tra carriera e piaceri, e ne combinava di tutti i colori, senza però trovare né verità né pace. Finché non ha scoperto Dio nel proprio cuore, scrivendo una frase densissima, che vale per tutti noi: «Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te». Ecco allora che cosa significa educare alla vita interiore: ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: “Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande”, “non vivacchiare, ma vivi”.

La seconda delle nuove sfide educative è un impegno che ci tocca ogni giorno e del quale voi siete maestri: l’educazione al digitale. Ci vivete dentro, e non è un male: ci sono opportunità enormi di studio e comunicazione. Non lasciate però che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi.

Anche l’intelligenza artificiale è una grande novità – una delle rerum novarum, cioè delle cose nuove – del nostro tempo: non basta tuttavia essere “intelligenti” nella realtà virtuale, ma bisogna essere umani con gli altri, coltivando un’intelligenza emotiva, spirituale, sociale, ecologica. Perciò vi dico: educatevi ad umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga. Anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale!

A questo riguardo, abbiamo davanti un attualissimo esempio di santità: San Carlo Acutis. Un ragazzo che non si è fatto schiavo della rete, usandola invece con abilità per il bene. San Carlo unì la sua bella fede alla passione per l’informatica, creando un sito sui miracoli eucaristici, e facendo così di Internet uno strumento per evangelizzare. La sua iniziativa ci insegna che il digitale è educativo quando non ci rinchiude in noi stessi, ma ci apre agli altri: quando non ti mette al centro, ma ti concentra su Dio e sugli altri.

Carissimi, arriviamo infine alla terza nuova grande sfida che oggi vi affido e che sta al cuore del nuovo Patto Educativo Globale: la educazione alla pace. Vedete bene quanto il nostro futuro venga minacciato dalla guerra e dall’odio che dividono i popoli. Questo futuro può essere cambiato? Certamente! Come? Con un’educazione alla pace disarmata e disarmante. Non basta, infatti, far tacere le armi: occorre disarmare i cuori, rinunciando a ogni violenza e volgarità. In tal modo, un’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti, riconoscendo l’uguale dignità di ogni ragazzo e ragazza, senza mai dividere i giovani tra pochi privilegiati che hanno accesso a scuole costosissime e tanti che non accesso all’educazione. Con grande fiducia in voi, vi invito a essere operatori di pace anzitutto lì dove vivete, in famiglia, a scuola, nello sport e tra gli amici, andando incontro a chi proviene da un’altra cultura.

Per concludere, carissimi, il vostro sguardo non sia rivolto alle stelle cadenti, cui si affidano desideri fragili. Guardate ancora più verso l’alto, verso Gesù Cristo, «il sole di giustizia» (cfr Lc 1,78), che vi guiderà sempre nei sentieri della vita.

LEONE XIV