Venerdì 3 Maggio 2024
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Africa di ieri e di oggi


Storia ufficiosa del Centrafrica

La vita e l'ambiente degli abitanti nel nord-ovest centrafricano

Nei vari “servizi” del sito, fin dal suo inizio, sono alla portata di tutti gli scritti spirituali che l’Ex ha composto nella foresta centrafricana.

 

L’Ex per vari anni ha anche contattato gli anziani autoctoni, per avere notizie dettagliate sugli usi e costumi degli avi e sulle brutte avventure da loro vissute in seguito alle razzie, che sono terminate definitivamente solo nel 1927. Su questi argomenti l’Ex ha stampato una serie di “CAHIERS TENGBI” in lingua francese.

 

Ora, dopo sette anni di silenzio (in cui l’Ex era un po’ mortificato per tanto lavoro rimasto nell’oblio), ecco che improvvisamente gli scritti sono stati ripresi e presentati a Bouar, nel Centrafrica, dove già erano convalidati da un magnifico museo. Tutto è opera di un volontario francese: ALAIN DEGRAS.

 

I nostri lettori del sito www.benabe.org d’ora in poi potranno pescare a piene mani fra tante notizie inedite, sulla vita, l’ambiente e le razzie vissute dagli abitanti del nord-ovest del Centrafrica. Tutto scritto in un moderno francese. Ci guadagna la lingua, ma ne è anche rincuorato l’Ex… sempre un po’ nostalgico di quella gente che, anche se “pagana”, vive l’amore reciproco senza saperlo.

 

E tu, lettore, in “Africa di ieri e di oggi” incontrerai le notizie, belle e brutte, che tanti “bakoro-zo” – anziani passati all’altra vita – hanno raccontato all’Ex e che sono state da lui registrate su un vecchio magnetofono. Vi leggerai dunque:

 

·         La storia vera del KONGO-WARA: sommossa popolare diretta dallo stregone KARINOU

 

·         Notizie vere sull’INIZIAZIONE all’età adulta – LABI per i giovani e DODO-SEO/BANA per le ragazze – molto interessante, e che dall’Indipendenza del 1959 non esiste più

 

·         Una presentazione del MUSEO della YOLE’, che si trova a Bouar, il migliore di tutto il Centrafrica

 

·         Notizie preziose sul centro urbano di NGAOUNDAYE (tana degli scorpioni)

 

         Se poi ci saranno lettori che desiderano avere gli scritti in un’altra lingua, ad esempio l’inglese, sarà dovere e piacere per l’Ex e la redazione di BENABE tradurli in una lingua più universale.

 

L’Ex e la Redazione


Documenti allegati

 Karinu o Karnu o Barka
 Sguardo d'insieme sulla Repubblica Centrafricana
 I Gbaya (I fascicolo)
 I Gbaya (II fascicolo)
 Le altre etnie
 Al lago di Messé
 Akotara
 Il Museo di Bouar
 Pianta del Museo
 Tengi o Storia ufficiosa del Centrafrica
 Conclusione

 

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Messaggio Cristiano
UDIENZA GENERALE, 1° Maggio 2024

Catechesi. I vizi e le virtù. 17. La fede

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vorrei parlare della virtù della fede. Insieme con la carità e la speranza, questa virtù è detta “teologale”. Le virtù teologali sono tre: fede, speranza e carità. Perché sono teologali? Perché le si può vivere solo grazie al dono di Dio. Le tre virtù teologali sono i grandi doni che Dio fa alla nostra capacità morale. Senza di esse noi potremmo essere prudenti, giusti, forti e temperanti, ma non avremmo occhi che vedono anche nel buio, non avremmo un cuore che ama anche quando non è amato, non avremmo una speranza che osa contro ogni speranza.

Che cos’è la fede? Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci spiega che la fede è l’atto con cui l’essere umano si abbandona liberamente a Dio (n. 1814). In questa fede, Abramo è stato il grande padre. Quando accettò di lasciare la terra dei suoi antenati per dirigersi verso la terra che Dio gli avrebbe indicato, probabilmente sarà stato giudicato folle: perché lasciare il noto per l’ignoto, il certo per l’incerto? Ma perché fare quello? È pazzo? Ma Abramo parte, come se vedesse l’invisibile. Questo dice la Bibbia di Abramo: “Andò come se vedesse l’invisibile”. È bello questo. E sarà ancora questo invisibile a farlo salire sul monte con il figlio Isacco, l’unico figlio della promessa, che solo all’ultimo momento sarà risparmiato dal sacrificio. In questa fede, Abramo diventa padre di una lunga schiera di figli. La fede lo ha reso fecondo.

Uomo di fede sarà Mosè, il quale, accogliendo la voce di Dio anche quando più di un dubbio poteva scuoterlo, continuò a restare saldo e a fidarsi del Signore, e persino a difendere il popolo che invece tante volte mancava di fede.

Donna di fede sarà la Vergine Maria, la quale, ricevendo l’annuncio dell’Angelo, che molti avrebbero liquidato perché troppo impegnativo e rischioso, risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). E con il cuore pieno di fede, con il cuore pieno di fiducia in Dio, Maria parte per una strada di cui non conosce né il tracciato né i pericoli.

La fede è la virtù che fa il cristiano. Perché essere cristiani non è anzitutto accettare una cultura, con i valori che l’accompagnano, ma essere cristiano è accogliere e custodire un legame, un legame con Dio: io e Dio; la mia persona e il volto amabile di Gesù. Questo legame è quello che ci fa cristiani.

A proposito della fede, viene in mente un episodio del Vangelo. I discepoli di Gesù stanno attraversando il lago e vengono sorpresi dalla tempesta. Pensano di cavarsela con la forza delle loro braccia, con le risorse dell’esperienza, ma la barca comincia a riempirsi d’acqua e vengono presi dal panico (cfr Mc 4,35-41). Non si rendono conto di avere la soluzione sotto gli occhi: Gesù è lì con loro sulla barca, in mezzo alla tempesta, e Gesù dorme, dice il Vangelo. Quando finalmente lo svegliano, impauriti e anche arrabbiati perché Lui li lascia morire, Gesù li rimprovera: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40).

Ecco, dunque, la grande nemica della fede: non è l’intelligenza, non è la ragione, come, ahimè, qualcuno continua ossessivamente a ripetere, ma la grande nemica della fede è la paura. Per questo motivo la fede è il primo dono da accogliere nella vita cristiana: un dono che va accolto e chiesto quotidianamente, perché si rinnovi in noi. Apparentemente è un dono da poco, eppure è quello essenziale. Quando ci hanno portato al fonte battesimale, i nostri genitori, dopo aver annunciato il nome che avevano scelto per noi, si sono sentiti interrogare dal sacerdote – questo è successo nel nostro Battesimo –: «Che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?». E i genitori hanno risposto: «La fede, il battesimo!».

Per un genitore cristiano, consapevole della grazia che gli è stata regalata, quello è il dono da chiedere anche per suo figlio: la fede. Con essa un genitore sa che, pur in mezzo alle prove della vita, suo figlio non annegherà nella paura. Ecco, il nemico è la paura. Sa anche che, quando cesserà di avere un genitore su questa terra, continuerà ad avere un Dio Padre nei cieli, che non lo abbandonerà mai. Il nostro amore è così fragile, e solo l’amore di Dio vince la morte.

Certo, come dice l’Apostolo, la fede non è di tutti (cfr 2 Ts 3,2), e anche noi, che siamo credenti, spesso ci accorgiamo di averne solo una piccola scorta. Spesso Gesù ci può rimproverare, come fece coi suoi discepoli, di essere “uomini di poca fede”. Però è il dono più felice, l’unica virtù che ci è concesso di invidiare. Perché chi ha fede è abitato da una forza che non è solo umana; infatti, la fede “innesca” la grazia in noi e dischiude la mente al mistero di Dio. Come disse una volta Gesù: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). Perciò anche noi, come i discepoli, gli ripetiamo: Signore, aumenta la nostra fede! (cfr Lc 17,5) È una bella preghiera! La diciamo tutti insieme? “Signore, aumenta la nostra fede”. La diciamo insieme: [tutti] “Signore, aumenta la nostra fede”. Troppo debole, un po’ più forte: [tutti] “Signore, aumenta la nostra fede!”. Grazie.

Papa Francesco